da patrizia mattioli | Nov 30, 2020 | Blog su Il Fatto Quotidiano, Uncategorized
Le restrizioni attuali riattivano i vissuti legati alla prima ondata
Le restrizioni legate al Coronavirus nella sua seconda ondata, se pur meno drastiche rispetto a marzo e aprile, stimolano reazioni di sofferenza e insofferenza anche forti, perché vanno a riattivare i vissuti della prima ondata quando del tutto inaspettatamente ci si è visti privare dell’autonomia e della libertà di muoversi e stare con gli altri.
Non tutti hanno reagito male
In realtà non tutti hanno reagito in modo negativo alle restrizioni. Per molti la forzata inattività ha acquietato molte tensioni legate alle difficoltà di affrontare ogni giorno i propri compagni di classe per esempio, i sentimenti di inadeguatezza o di esclusionedi fronte ai colleghi di università o di lavoro. La pandemia ha legittimato molti evitamenti e indirettamente consentito di recuperare qualche punto nell’autostima (“non sono io che non riesco o non ce la faccio ad uscire, ad affrontare, ecc: è che non si può”), di godere di una sospensione del disagio.
Il futuro si fa più lontano
Soffre forse di più chi è più integrato nel suo ambiente, più adattato alle condizioni precedenti. Si parla molto del disorientamento, della paura per il futuro soprattutto negli adolescenti e nei giovani in generale, che cominciano ora ad avere un senso di futuro e questo si presenta già più lontano, meno raggiungibile.
La paura del contagio ha il suo peso ma quella immediatamente successiva è “la paura di non vedere la fine di questa deprivazione sociale”. Il non avere la giornata scandita dagli impegni scolastici crea un grande vuoto che la didattica a distanzacerto non riesce a riempire.
Meno male che ci sono i social!
In adolescenza e prima giovinezza, la socialità è molto per il completamento dell’identità personale, per l’integrazione del lavoro costruito fino a quel momento, è la “zattera” verso la relativizzazione delle figure genitoriali e lo svincolo dalla dipendenza da loro. La pandemia fa girare le cose al contrario: l’istinto spinge all’esplorazione, la pandemia costringe all’inattività.
Meno male che c’è Whatsapp! Meno male che c’è Instagram! Fino a un anno fa sembravano una maledizione, ora sembrano il contrario.
Che ricaduta avrà tutto questo nell’identità personale? Ne ritarderà il percorso aumentando il rischio e la percentuale di identità liquide, o al contrario, ricorrere a una socialità virtuale anticiperà la capacità di percepire il possibile oltre che il reale? Certo è presto per dirlo.
I giovani sono l’anello più fragile
Si parla molto oggi del disagio psicologico e non mancano consigli concreti su cosa fare o cosa evitare di fare, consigli a volte difficili da mettere in pratica. I nostri giovani sono l’anello più fragile per la ricaduta emotiva: non più bambini e non ancora adulti, non hanno ancora consolidato gli strumenti psicologici necessari.
leggi tutto il post su Il Fatto Quotidiano
da patrizia mattioli | Set 11, 2020 | Blog su Il Fatto Quotidiano
Basterà il Covid per il riconoscimento istituzionale del ruolo dello psicologo e degli interventi psicologici nella scuola? Con le misure di prevenzione messe in atto con il lockdown sono venuti a mancare molti punti di riferimento, di cui la scuola è uno dei più importanti.
Sono stati messi a dura prova gli equilibri familiari e ora che si ritorna in classe in presenza dopo mesi di autonomia e autogestione, dopo un periodo di relativa tranquillità, si riaffaccia il disagio vissuto, con i dubbi, le incertezze, le ansie per il futuro prossimo. Come si realizzerà questo rientro, peraltro considerato da tutti fondamentale per la ripresa della vita “normale”?
Con la chiusura degli istituti scolastici gli studenti, grandi e piccoli, hanno vissuto un brusco cambiamento nel loro percorso formativo e il rivoluzionamento della loro quotidianità. I genitori, da parte loro, hanno vissuto nel lockdown un grande carico emotivo dovendo combinare le esigenze lavorative con quelle familiari e dovendo affiancare i figli nel processo di adattamento all’emergenza sanitaria.
La prospettiva della ripresa scolastica con i dubbi e le incertezze su come effettivamente si realizzerà e sulla concreta probabilità di nuove restrizioni, complice il rinnovato aumento dei casi, è motivo di grande preoccupazione. Molti genitori hanno comprensibilmente paura di non riuscire a portare avanti i propri progetti lavorativi con i figli a casa, la gestione della didattica a distanza e dell’organizzazione familiare.
Con la chiusura degli istituti scolastici gli studenti, grandi e piccoli, hanno vissuto un brusco cambiamento nel loro percorso formativo e il rivoluzionamento della loro quotidianità. I genitori, da parte loro, hanno vissuto nel lockdown un grande carico emotivo dovendo combinare le esigenze lavorative con quelle familiari e dovendo affiancare i figli nel processo di adattamento all’emergenza sanitaria.
La prospettiva della ripresa scolastica con i dubbi e le incertezze su come effettivamente si realizzerà e sulla concreta probabilità di nuove restrizioni, complice il rinnovato aumento dei casi, è motivo di grande preoccupazione. Molti genitori hanno comprensibilmente paura di non riuscire a portare avanti i propri progetti lavorativi con i figli a casa, la gestione della didattica a distanza e dell’organizzazione familiare.
Il ritorno a scuola non sarà facile, sarà un’organizzazione rigida con grandi limitazioni comportamentali difficili da rispettare soprattutto per i piccoli che avranno più difficoltà a comprendere. Socialità compulsiva o ritiro sociale, difficoltà di concentrazione, irritabilità e, con l’aumento dell’età anche comportamenti a rischio (abuso di sostanze, di alcool, di internet), potrebbero essere all’ordine del giorno e si dovranno fare grandi sforzi per comprendere e per intervenire senza drammatizzare e senza vedere solo gli aspetti patologici, ma sforzandosi di rimanere nel qui ed ora e comprendendo il disagio che i comportamenti stessi esprimono.
leggi tutto il post su Il Fatto Quotidiano