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Le restrizioni attuali riattivano i vissuti legati alla prima ondata

Le restrizioni legate al Coronavirus nella sua seconda ondata, se pur meno drastiche rispetto a marzo e aprile, stimolano reazioni di sofferenza e insofferenza anche forti, perché vanno a riattivare i vissuti della prima ondata quando del tutto inaspettatamente ci si è visti privare dell’autonomia e della libertà di muoversi e stare con gli altri.

Non tutti hanno reagito male

In realtà non tutti hanno reagito in modo negativo alle restrizioni. Per molti la forzata inattività ha acquietato molte tensioni legate alle difficoltà di affrontare ogni giorno i propri compagni di classe per esempio, i sentimenti di inadeguatezza o di esclusionedi fronte ai colleghi di università o di lavoro. La pandemia ha legittimato molti evitamenti e indirettamente consentito di recuperare qualche punto nell’autostima (“non sono io che non riesco o non ce la faccio ad uscire, ad affrontare, ecc: è che non si può”), di godere di una sospensione del disagio.

Il futuro si fa più lontano

Soffre forse di più chi è più integrato nel suo ambiente, più adattato alle condizioni precedenti. Si parla molto del disorientamento, della paura per il futuro soprattutto negli adolescenti e nei giovani in generale, che cominciano ora ad avere un senso di futuro e questo si presenta già più lontano, meno raggiungibile.

La paura del contagio ha il suo peso ma quella immediatamente successiva è “la paura di non vedere la fine di questa deprivazione sociale”. Il non avere la giornata scandita dagli impegni scolastici crea un grande vuoto che la didattica a distanzacerto non riesce a riempire.

Meno male che ci sono i social!

In adolescenza e prima giovinezza, la socialità è molto per il completamento dell’identità personale, per l’integrazione del lavoro costruito fino a quel momento, è la “zattera” verso la relativizzazione delle figure genitoriali e lo svincolo dalla dipendenza da loro. La pandemia fa girare le cose al contrario: l’istinto spinge all’esplorazione, la pandemia costringe all’inattività.
Meno male che c’è Whatsapp! Meno male che c’è Instagram! Fino a un anno fa sembravano una maledizione, ora sembrano il contrario.

Che ricaduta avrà tutto questo nell’identità personale? Ne ritarderà il percorso aumentando il rischio e la percentuale di identità liquide, o al contrario, ricorrere a una socialità virtuale anticiperà la capacità di percepire il possibile oltre che il reale? Certo è presto per dirlo.

I giovani sono l’anello più fragile

Si parla molto oggi del disagio psicologico e non mancano consigli concreti su cosa fare o cosa evitare di fare, consigli a volte difficili da mettere in pratica. I nostri giovani sono l’anello più fragile per la ricaduta emotiva: non più bambini e non ancora adulti, non hanno ancora consolidato gli strumenti psicologici necessari.

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