Adolescenza: la costruzione dell’amore tra ragazzi (Parte seconda)

Adolescenza: la costruzione dell’amore tra ragazzi (Parte seconda)

 

(segue)

Una volta vicini
Anche un volta che sia stato superato il problema del primo contatto molti ragazzi e molte ragazze si sentono insicuri quando si trovano in compagnia di un coetaneo dell’altro sesso. Pensano di non sapere cosa dire, hanno paura di annoiare, si chiedono se il/la partner lo/la troverà attraente, cosa si aspetta e così via. Così molte delle energie vengono impegnate nel non far vedere questa insicurezza per paura di essere giudicati male, magari presi in giro o derisi. Se uno dei due risponde in maniera indefinita all’approccio non si sa come andare avanti.
Sono incertezze che tendono a diminuire man a mano che si acquisisce maggiore esperienza. Alle prime armi si tende a lasciar perdere interpretando l’incertezza dell’altro come un rifiuto, andando avanti invece si può capire che un’incertezza può significare anche altre cose: che l’altrol’altra non è pronto/a per una storia, oppure che non si aspettava l’approccio in quel momento, che ha bisogno di più tempo, ecc…..
L’appoggio del gruppo di amici è importante, ci si stimola a vicenda, ci si può aiutare per organizzare incontri con la persona che interessa, si può parlare delle proprie esperienze così che ognuno può imparare qualcosa anche dall’esperienza dell’altro e soprattutto ci si può appoggiare così che ad un’esperienza andata male non si dia troppa importanza.

Fino a dove spingersi?
Quando due ragazzi poi cominciano a flirtare si chiedono fino a che punto vogliono spingersi con il partner.
Sia il ragazzo che la ragazza tendono a fare le loro esplorazioni sessuali con partner più grandi, nelle ragazze più facilmente con un partner con cui hanno già un rapporto sentimentale.
La scelta del partner
Nel periodo adolescenziale la scelta viene fatta soprattutto in base all’aspetto esteriore del partner, che non significa necessariamente o soltanto aspetto fisico: tutti o almeno molti sono attratti dal ragazzo leader o dalla ragazza più carina della classe.
Essendo un periodo di grandi insicurezze per tanti motivi, non solo perché caratterizzato dalla sperimentazione su tanti campi sociali, la convalida esterna attraverso le doti pubblicamente riconosciute dell’altro può aiutare a compensare le proprie insicurezze. Il modo in cui si è visti dagli altri (per esempio come una bella coppia) fornisce un potente senso di conferma sul piano personale.
Nei rapporti confermanti, è importante che l’altro non sia troppo disponibile. Più è difficile da raggiungere, più risulta confermante. Rapporti di questo tipo tendono a durare poco e ad essere sostituiti, da rapporti con persone che meglio si adattano alle proprie caratteristiche personali.

Quando si sceglie un ragazzo o una ragazza in base alle conferme che il rapporto può fornire agli occhi degli altri (cioè se il rapporto permette di sentirsi considerati perché si sta con una persona che viene considerata), ci si sentirà sempre un pò inadeguati. Se si scelgono continuamente ragazzi o ragazze che fanno apparire straordinari prima o poi ci si sentirà annoiati o frustrati. E allora dopo un pò la storia finisce. Finché durano però non c’è niente di male nel lasciare che un rapporto aiuti a sentirsi più a proprio agio con se stessi mettendo in rilievo pregi che magari non si pensava di avere, alimentando così la propria autostima.
Perciò durante l’adolescenza e la prima giovinezza è più facile che i rapporti siano molti e relativamente brevi e che servano soprattutto a conoscere e maturare e a sapere chi si è in relazione agli altri.

La fine del primo rapporto
I primi rapporti finiscono perché uno dei due trova un altro partner che offre conferme maggiori (per esempio è più bello/bella), oppure perché uno dei due arriva prima alla fase successiva e comincia a desiderare un partner con cui ha più affinità. Succede che uno dei due prenda l’iniziativa e l’altro si trovi a subirla senza essere ancora pronto per il passo successivo. In questo caso ne risulta una sofferenza e un senso di disconferma. A questo punto la persona lasciata può cercare un altro rapporto confermante che compensi lo smacco subìto oppure che si tenga lontano dai rapporti affettivi, almeno per un pò, per paura di soffrire ancora, oppure che stabilisca un rapporto con un ragazzo o una ragazza che non ha nessuna delle caratteristiche confermanti o del partner ideale, ma con cui instaura un rapporto affettuoso che in questo modo svolge una funzione terapeutica per la ferita subita. Sono rapporti che durano il tempo necessario a curare la sofferenza.
Il primo rapporto importante è stato e sarà causa di sofferenza per la maggior parte degli adolescenti. Appena finisce sembra che il resto non abbia più importanza che non si riuscirà più a trovare un altro ragazzo o un’altra ragazza di cui si è così innamorati. L’esperienza dimostra poi che non è così.

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Conflitti di coppia : i contrasti sulle banalità

Conflitti di coppia : i contrasti sulle banalità

img_0887Coppia: i conflitti sulle banalità

A tutti capita di vivere conflitti di coppia, attraversare periodi nella vita di coppia, in cui si litiga in continuazione e su apparenti banalità: dove hai messo le chiavi della macchina? A che ora torni? Chi compra il latte? Che facciamo stasera?

Nei conflitti sulle banalità c’è tutto il nostro mondo e tutto il mondo della coppia. I sentimenti che innescano i bisticci quotidiani, sono gli stessi che accompagnano i confronti sulle grandi decisioni o la reazione ai comportamenti del partner.

Nei momenti di conflitto ognuno ha difficoltà a riconoscere come leciti i bisogni dell’altro e il senso di appartenenza si incrina.

A volte è necessario l’intervento di un terzo soggetto per riuscire a ritrovare una reciprocità, per prendere consapevolezza dei meccanismi attraverso i quali ci si allontana o di come ci si riavvicina.

I disaccordi in generale stimolano stati d’animo che se non vengono elaborati – cioè riempiti di significato, distinti in proporzione tra la parte emozionale che ci si riconosce anche in altre aree della vita e che perciò rappresenta una sensibilità personale, e quella invece stimolata dall’atteggiamento del partner – vanno ad aumentare la sensibilità personale a certi fatti al punto che ogni evento futuro potrebbe essere valutato alla luce di quella sensibilità e non importa se si parlerà di questioni importanti o di come si usa il tubetto del dentifricio, l’aspetto principale diventerà la ridefinizione o la messa alla prova della relazione e non il contenuto della discussione.

Se lui o lei ha fatto qualcosa che ci ha fatto sentire per esempio trascurati, lo stesso sentimento emergerà se si è dimenticato/a di comprare il latte o di fare qualcosa che gli abbiamo chiesto.

Uno sguardo, una distrazione, una parola, basteranno ad attivare o meglio riattivare i più svariati sentimenti di trascuratezza, responsabilità, inadeguatezza, insicurezza, rifiuto… che a seconda delle caratteristiche personali potranno essere attribuiti alla sensibilità o ai difetti personali o all’atteggiamento del partner.

L’attribuzione a sé può generare cadute dell’umore, così come l’attribuzione all’altro può generare irritazione e rabbia, anche se non possiamo in verità mai realmente attribuire le nostre reazioni emotive completamente a noi stessi o all’altro: Esse sono il risultato del nostro modo di essere che si attiva allo stimolo del partner ma non dipende completamente da lui.

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Amore, più che un sentimento uno spazio comune

Patrizia Mattioli

Che cos’è l’amore?

Generalmente pensiamo all’amore come a un profondo sentimento di affetto, simpatia, passione verso una persona, che si manifesta come desiderio di ricercare la sua presenza e di procurarle del bene. Se molte teorie sull’amore tendono a identificarlo come un sentimento particolare, altre (Guidano 1999) ritengono che l’amore non sia un sentimento particolare o una particolare qualità emozionale, ma lo spazio emotivo che si crea tra due persone, lo spazio comune all’interno del quale gli individui si muovono in modo coordinato e consensuale. La distanza compresa tra l’affetto e la separazione, l’attaccamento e il distacco, cioè tutto il mondo dei sentimenti umani. Visto in questo modo, l’amore è l’organizzatore delle emozioni umane. Può assumere tante forme, tutte in relazione all’idea che abbiamo dell’altro: oggetto di cui disporre a proprio piacimento o persona con sue intenzioni e pensieri.

Contrariamente a quello che si crede, molta sofferenza non è tanto legata alla carenza d’amore, che comunque ha la sua rilevanza, quanto alla qualità dell’amore: a quanto l’amore è rivolto a un soggetto considerato come persona o come oggetto. L’amore, quando riferito all’altro come persona, lo stimola e gli permette di svilupparsi, quando riferito all’altro come oggetto lo schiaccia e gli impedisce di crescere. Questo vale per esempio per i genitori, nelle tappe di crescita dei figli, e per i partner nella vita affettiva adulta: un genitore iperprotettivo rischia di danneggiare piuttosto che proteggere e un partner onnipresente rischia di soffocare piuttosto che dimostrare affetto. Sappiamo che le sofferenze psichiche sono soprattutto di natura affettiva e si presentano mentre l’individuo è impegnato a costruire, mantenere o rompere relazioni affettive significative, anzi si può affermare che non ci sono emozioni più intense nella vita di un essere umano di quelle che si producono nel corso della formazione, del mantenimento e della rottura di tali relazioni.

L’intimità affettiva che si costruisce tra due persone nell’amore, cioè nel momento di massima corrispondenza reciproca, può offrire una sensazione di completezza e pienezza. Può diventare però anche un’esperienza dolorosa perché è un momento di grande vulnerabilità dove anche la minima diminuzione della corrispondenza può essere percepita come un grande dolore e una grande perdita. Per questo di fronte all’intimità non è mai completamente chiaro se l’obiettivo è quello di ricercarla o di evitarla.

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Violenza, chi la agisce ne assuma la responsabilità

mattioliLa violenza verso il partner

E’ giusto, chi mette in atto comportamenti violenti se ne deve assumere la responsabilità. Se la violenza verso un partner fosse però solo un problema di chi la compie, basterebbe allontanarsi, fisicamente ed emotivamente, dalla relazione per smettere di subire, mentre le cose si presentano più complesse. Uno dei problemi di certe coppie, è la difficoltà di entrambi i partner di allontanarsi uno dall’altro. Il legame che li unisce è spesso molto forte e mantenuto da entrambi.

La persona che si comporta violentemente, agisce un impulso che non riesce a contenere. E’ il segnale di una sofferenza non percepita come appartenente a sé, al proprio modo di essere, alla propria sensibilità, ma attribuita totalmente all’altro che, spesso se ne assume la responsabilità, entrambi consapevolmente o meno. I comportamenti e gli atteggiamenti che violano lo spazio e la dignità personale dimostrano che i partner hanno pochi strumenti per elaborare certi vissuti a livelli più alti di complessità, vissuti che rimangono più che altro a livello di reazioni viscerali e istinti e come tali agiti.

Una violenza può assumere tante forme: verbale, fisica, manifestarsi attraverso un tradimento, il punto centrale, io direi, è che la sofferenza e il comportamento violento che ne segue vengono attribuiti all’altro.

L’altro può subire, mettendosi in una posizione che Pauk Watzlawick definisce complementare, accettando l’attribuzione e la punizione che ne segue: “ti ho urlato, tradito, aggredito, perché sei incapace, inadeguato/a, distratto/a, sciocco/a, ecc…”, “mi ha urlato, tradito, aggredito, perché sono incapace, distratto/a, inadeguato/a,..”, con gli epiloghi drammatici che conosciamo.

Oppure mettersi in posizione simmetrica e rimandare le reazioni al mittente: “mi ha urlato, tradito, aggredito, perché è cattivo/a, prepotente, indegno/a, scorretto/a,…” in un escalation di aggressività reciproca che può portare a conclusioni altrettanto drammatiche. C’è un film di qualche anno fa, La guerra dei Roses, che dietro la contesa per una casa, ben rappresenta la difficoltà di una coppia di sciogliere il legame e di come questa possa portare all’autodistruzione.

Valutare le cose come dinamica di coppia, non significa promuovere la terapia di coppia.

In una terapia, di coppia o individuale che sia, ci si trova sempre, o quasi, ad affrontare problematiche relative ai legami sentimentali dal momento che, come diceva John Bowlby, le maggiori sofferenze gli esseri umani le sperimentano mentre sono impegnati nella costruzione, nel mantenimento e nella rottura di legami affettivi importanti.

Chi da la responsabilità dei propri stati emotivi all’altro, è difficile che intraprenda una terapia di coppia, per lo meno spontaneamente, è più facile che ci venga trascinato e che utilizzi quello che emerge in seduta come ulteriore conferma delle responsabilità dell’altro. E’ un terreno minato sia per la coppia che per il terapeuta, quest’ultimo deve tutelare i due partner da sovraesposizioni personali inadeguate al momento.

Non tutte le richieste di terapia di coppia possono essere accolte. A volte emerge chiaramente che le dinamiche di coppia sono disfunzionali, ma altrettanto chiaramente che uno o entrambi i partner stanno facendo i conti con sofferenze precedenti che trovano nelle dinamiche di coppia il loro alimento, ed è meglio che ognuno segua prima o contemporaneamente un percorso personale di presa di consapevolezza del proprio modo di funzionare.

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Innamoramento e amore: quale differenza?

Innamoramento e amore: quale differenza?

img_1012Innamoramento e amore

Formare legami di coppia stabili e riprodurre il proprio patrimonio genetico sono considerati traguardi importanti dello sviluppo.

Anche se non tutti scegliamo di vivere in coppia o di avere figli, tutti sentiamo l’impulso di innamorarci e costruire un rapporto esclusivo con un partner.

L’innamoramento lo sappiamo, è quello stato  tipico della fase iniziale di un rapporto di coppia,  in cui prevale l’irrazionalità, la fusione, la cecità affettiva e l’altro rappresenta tutto il mondo. Si vede in se stessi e in lui/lei solo quegli aspetti che permettono di operare un’idealizzazione cioè un’esclusione dalla consapevolezza di caratteristiche personali e altrui giudicate negative.

I primi innamoramenti brevi e poco coinvolgenti  appartengono di solito all’adolescenza, e rappresentano un’esplorazione della propria capacità di provare ed esprimere sentimenti d’affetto. Un rifiuto rappresenta una  disconferma ed è fonte di angoscia e dolore.

La prima delusione è in genere molto dolorosa non tanto per l’intensità del sentimento provato quanto perché, alle prime esperienze, non si hanno i mezzi per capire i motivi del fallimento e si attribuisce facilmente la causa a qualche difetto personale, fisico o caratteriale, mentre nella maggior parte dei casi la ragione è legata al  vivere tempi psicologici diversi: uno dei due è pronto per un legame e l’altro no, uno si immagina un rapporto stabile e l’altro no, oppure si ritrovano vicini due ragazzi che non hanno niente in comune al di là del desiderio di sperimentare l’amore.

Anche più avanti, con più esperienze alle spalle e maggiori capacità di relazione, un rapporto che si chiude provoca molta sofferenza dal momento che chiama in causa non soltanto un sentimento, ma la base del proprio sentirci vivi quale è il senso di identità personale.

Alla fase irrazionale dell’innamoramento segue una fase più pacata di amore in cui il legame è più intimo e si possono tollerare periodi più lunghi di distacco. La maggiore intimità (intesa come scambio reciproco di informazioni importanti su di se come  emozioni, paure, bisogni, ecc), oltre ad arricchire la comunicazione e l’espressione della propria sessualità, è la condizione per non sentirsi soli.

L’amore più che un sentimento è un processo e come tale è più basato sulla condivisione di progetti che sulla forte attrazione caratteristica della fase iniziale. Se la fase dell’innamoramento non è seguita dalla fase più pacata della condivisione di affetti, sensazioni e scopi (che in una coppia adulta possono andare dalla decisione di comprarsi casa a quella di avere figli) il forte interesse provato per l’altra persona svanisce rapidamente lasciando soltanto un grande senso di vuoto.

Chi ha paura di mettere a nudo una parte di sé, di dipendere affettivamente dall’altro, di confondersi con l’altro, avrà difficoltà ad entrare nella fase più matura e i suoi rapporti sentimentali saranno caratterizzati dal susseguirsi di innamoramenti che si esauriscono velocemente.

img_1013 Conoscere meglio il partner comporta la fine dell’idealizzazione e la presa di consapevolezza delle cose che si hanno in comune: se le differenze superano le affinità, se è possibile continuare o è meglio interrompere il rapporto, soprattutto se si possono raggiungere obiettivi condivisi. E’ stato stimato che la fase di attrazione tra due partner dura più o meno dai due ai tre anni e questo probabilmente spiega perché vi sia una prevalenza di interruzioni nei rapporti di coppia intorno al quarto anno.