Il diritto all’autonomia: la scelta dell’indirizzo di studi.

Il diritto all’autonomia: la scelta dell’indirizzo di studi.

Il diritto all’autonomia: la scelta dell’indirizzo di studi.

L’autonomia, di movimento, affettiva, di scelta, è una competenza che si costruisce a partire dalla nascita e procede parallelamente all’attaccamento e anche grazie ad esso, il bambino comincia a costruire la sua autonomia che è in relazione diretta con le sicurezze che riesce ad acquisire attraverso le cure fornite dalle figure di attaccamento.

Il comportamento di attaccamento ė un comportamento innato che ha la funzione sul piano individuale di ottenere e mantenere la vicinanza di una figura rassicurante e protettiva ogni volta che ci si sente vulnerabili e minacciati nella propria incolumità e sul piano più generale di garantire la sopravvivenza e la riproduzione della specie. Ė una tendenza innata che rimane attiva per tutta la vita anche se opera con maggiore intensità e frequenza nei primi anni, quando la vulnerabilità ai pericoli ambientali è maggiore, e minore la capacità di gestire da soli situazioni di disagio. Per i piccoli delle specie sociali infatti, ogni esperienza di solitudine, anche una breve separazione dalle figure di attaccamento, è un segnale di vulnerabilità potenziale ai pericoli ambientali, e quindi uno stimolo potente per l’attivazione del sistema potenziale dell’attaccamento

I bambini piccoli in grado di camminare, sono fortemente inclini a seguire le loro figure di attaccamento ovunque esse vadano. La distanza alla quale il bambino si sente a suo agio dipende da diversi fattori come l’età, il temperamento, la storia dello sviluppo, il sentirsi affaticato, spaventato o malato, aspetti questi che aumenteranno il comportamento di attaccamento.
La consapevolezza di poter contare sulla protezione e il conforto della figura d’attaccamento in caso di necessità, crea uno stato di sicurezza emotiva da cui è possibile partire per l’esplorazione: esplorazione del mondo esterno e del proprio mondo interiore (i propri sentimenti, i propri pensieri, le proprie preferenze, le proprie predisposizioni).

La Gradualmente il bambino costruisce la propria autonomia, per esempio è in grado di tollerare periodi sempre più lunghi di separazione dai genitori. Questo processo ha nell’adolescenza una spinta tale da provocare un grande cambiamento nel rapporto con i genitori sia per quel che riguarda la vicinanza fisica, sia per quel che riguarda le scelte. Gradualmente i campi in cui i genitori possono esercitare la loro autorità diventano sempre più limitati. I ragazzi cominciano a muoversi in ambienti diversi da quello familiare, a stringere nuove relazioni sociali, a fare scelte diverse da quelle che si aspetterebbero i genitori.

La scuola ė uno dei campi in cui facilmente si generano conflitti tra genitori e figli. Le aspettative dei genitori, sia quelle espresse che quelle non verbalizzate hanno un peso nell’impegno e nel risultato scolastico del figlio.
Per un genitore è indubbiamente difficile trovare la giusta dimensione tra il suo essere una figura di riferimento, il lasciare spazio e il dare indicazioni o imporre scelte per esempio per quel che riguarda l’indirizzo di studi da seguire.
E’ un aspetto che si evidenzia soprattutto nel passaggio tra la scuola media e la scuola superiore, momento in cui spesso i ragazzi non hanno le idee chiare su quello che vogliono fare o meglio magari un’idea ce l’hanno ma non riescono a trasmetterla in modo chiaro e spesso si inseriscono i genitori con i loro progetti, le loro aspettative, le loro convinzioni, a volte le loro frustrazioni.

A volte ė particolarmente difficile per i genitori lasciare i figli liberi di scegliere la scuola da seguire e per i figli rivendicare il diritto di scelta.
Approfittando dell’incertezza dei figli che non sanno ancora cosa fare oppure che stanno per fare una scelta di relazione piuttosto che di passione perché negli ultimi tempi magari hanno fatto più amicizia con alcuni compagni e vorrebbero ritrovarli al primo superiore, alcunI genitori impongono le loro scelte con conseguenze importanti sul rapporto del figlio con la scuola, per esempio il rischio di allungare il suo percorso scolastico o peggio portare al l’abbandono degli studi

A volte i genitori non riescono a percepire il figlio come un individuo autonomo ma lo vivono piuttosto come un prolungamento di se’ perciò tendono a dare per scontato che egli abbia i loro stessi gusti e le loro stesse preferenze; A scuola capita di incontrare situazioni di questo tipo.

Mi è capitato recentemente uno studente del primo anno, portato al Centro di Ascolto dal padre che lo vedeva in grande difficoltà sia come inserimento nella classe (a dicembre aveva ancora pochi contatti tra i compagni, la vicina di banco e il ragazzo al banco davanti al suo) sia come rendimento scolastico, aveva difficoltà di apprendimento e di esposizione.

Parlando poi con il ragazzo da solo, ė venuto fuori che a lui questa scuola proprio non piaceva, non si trovava bene allo scientifico, lui avrebbe voluto prendere il liceo artistico, ma il padre non aveva voluto, voleva che seguisse il percorso che aveva fatto lui. Trovarsi in un contesto che non gli apparteneva lo faceva sentire molto inadeguato e questo aveva ripercussioni su tutto ciò che riguardava la scuola.

Nei colloqui successivi con il ragazzo e con il genitore e alle informazioni avute dagli insegnanti, ė venuto fuori che questo papà faceva molta fatica a percepire il figlio come individuo a se, sembrava lo considerasse più un prolungamento di se stesso, da qui l’istinto di intervenire e prendere decisioni per il suo bene. Le intenzioni erano buone, ma poco calate nella realtà è nei bisogni del ragazzo.

Il ragazzo aveva le sue difficoltà ad esprimere in maniera definita e determinata il suo punto di vista, aveva paura delle reazioni del padre e non voleva deluderlo. Alcuni colloqui sono bastati per riorientare il padre che si è convinto a trasferire il figlio all’indirizzo di studi desiderato.

Intendiamoci, un errore nella scelta scolastica non può creare da solo scompensi, piuttosto si inserisce in un equilibrio delicato, come elemento di stress in più . Se è una cosa che succede spesso, possiamo immaginare che il ragazzo si trovi spesso in situazioni che non gli appartengono e in cui non si riconosce e che si senta poi insicuro.

I genitori in quanto adulti devono fare tutto il possibile per costruire il meglio per i loro figli, ma nel fare questo devono considerare nei propri progetti tutte le caratteristiche del figlio, osservarlo, ascoltare quello che ha da dire, riuscire a distinguere tra quello che ci vuole dire per farci contenti e quello che invece rappresenta davvero se stesso.
Se un padre esprime pareri negativi per esempio su chi non sceglie il liceo scientifico, e poi chiede al figlio che scuola vorrebbe scegliere è probabile che lui risponda quello che il padre vorrebbe cioè il liceo scientifico, ma è anche molto probabile che sia una risposta accondiscendente e non sincera.

Altre volte succede che i genitori non abbiano elaborato adeguatamente la frustrazione legata al mancato raggiungimento di obiettivi personali e potrebbero essere influenzati dalle aspettative mancate nel consigliare o imporre un indirizzo di studi piuttosto che un altro. Il figlio potrebbe rappresentare una possibilità di riscatto, più o meno consapevolmente.

D’altra parte alcuni figli possono avere particolare difficoltà a riconoscere o ad affermare una propria preferenza: non mandando segnali chiari su quello che vogliono, impediscono ai genitori di farsi un’idea, di riconoscerlo come diverso dalle proprie aspettative.
La difficoltà di questi figli può essere in relazione alla dinamica dell’attaccamento, un attaccamento insicuro per esempio, impedisce l’acquisizione della capacità di affermarsi e il bambino sente che il rapporto con i genitori ė stabile solo se lui limita la sua autonomia oppure il bambino non riesce ad avere un senso stabile e definito di se se non attraverso la completa adesione ai genitori. Perciò è facile che venga accettata o subita una scelta che non gli appartiene, in funzione della stabilità della relazione di attaccamento e in definitiva in funzione della stabilità di sé, a scapito di altro. Sono situazioni che, come abbiamo visto, vengono poi fuori prevalentemente come sintomi, nel nostro caso la difficoltà scolastica.

Come genitori abbiamo un maggiore peso nella relazione, perciò dobbiamo fare tutti gli sforzi possibili per riconoscere i figli come persone diverse da noi, a cominciare dalle loro preferenze, come anche il dovere di essere consapevoli delle nostre debolezze, pensare per esempio agli obiettivi che abbiamo mancato e tenerli sotto controllo per evitare di imporli più o meno direttamente ai figli.

Genitori: cosa prova un padre quando una figlia comincia ad allontanarsi

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Genitori: cosa prova un padre quando una figlia comincia ad allontanarsi

Da quando sua figlia ha iniziato a frequentare i ragazzi, in senso sentimentale non semplicemente come amici, il rapporto con lei è cambiato non è più la sua bambina e Fabrizio non riesce a perdonarglielo. Lei non sta mai in casa e quando rientra lo saluta frettolosamente per infilarsi in camera e mettersi su wap a chattare con il ragazzo e le amiche.

Ogni fidanzato ha qualcosa che non va, il primo gli era antipatico, il secondo gli sembrava troppo spavaldo, su quello attuale direbbe di peggio. Non pensava che la gelosia fosse un sentimento così presente nella sua vita fino a che non si è reso conto che la sua Caterina era cresciuta. Per lui era ancora troppo piccola per esplorare l’amore.

Fabrizio soffre, si sente deluso, tradito, arrabbiato, cerca di contenere la spinta all’esplorazione della ragazza con l’anacronistica imposizione di divieti e regole, per altro improbabili visto che lei è quasi maggiorenne. Perché è così geloso? Cosa gli impedisce di essere contento per il compiersi dei passaggi di vita? Cosa sappiamo in effetti dei padri e delle loro emozioni più intime?

Che il ruolo della figura paterna sia importante nello sviluppo dei figli in generale e nello sviluppo femminile in particolare – come modello di riferimento per la scelta del partner, come fonte di conferma rispetto alla propria amabilità e proponibilità – è un fatto ormai assodato. Si parla meno invece di quanto possa essere importante una figlia per un padre e di cosa lui vive quando la ragazza comincia ad allontanarsi.

Parliamo di padri che si sono messi in gioco affettivamente, non di padri tradizionali che svolgevano un’importante funzione normativa, ma erano un po’ scarsi sul piano affettivo. Essere padre oggi è inventarsi un ruolo, non poter contare su modelli di riferimento se si vuole essere diversi e anche andare per tentativi ed errori.

Diventare padre può spaventare, può essere visto come un momento di rottura rispetto al passato per quanto riguarda il lavoro, la libertà, l’autonomia. Ma i papà di oggi vogliono esserci, alcuni già da prima della nascita e c’è anche chi vive qualcosa che assomiglia alla depressione post partum delle partner. Hanno imparato ad accudire e consolare, a essere più presenti e confermanti.

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Scuola: genitori, per il bene dei vostri figli, non imponetegli la scelta!

© Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 11-09-2012 Milano cronaca primo giorno di scuola nella foto: gli alunni all'ingresso nel primo giorno di scuola a Milano © Gian Mattia D'Alberto - LaPresse 11-09-2012 Milan first day of school in the photo: the students at the first day of school

Quanto entrare nella scelta dell’indirizzo di studi dei propri figli?

Ricomincia un anno scolastico.

La scuola è uno dei campi in cui si generano più facilmente conflitti, quanto è bene intervenire per il bene dei figli?. Le aspettative dei genitori, che siano espresse o meno, hanno un peso sull’impegno e sul risultato scolastico del figlio. Per un genitore è difficile trovare la giusta dimensione tra il suo essere una figura di riferimento, il lasciare spazio e il dare indicazioni o imporre scelte per esempio per quel che riguarda l’indirizzo di studi da seguire.

E’ un problema che si pone soprattutto nel passaggio tra la scuola media e la scuola superiore, momento in cui spesso i ragazzi non hanno le idee chiare su quello che vogliono fare o magari ce l’hanno ma non riescono a esprimerle in modo chiaro, spesso si inseriscono i genitori con i loro progetti, le loro aspettative, le loro convinzioni, a volte le loro frustrazioni. Approfittando dell’incertezza impongono le loro scelte con conseguenze importanti nel rapporto del figlio con la scuola, per esempio il rischio di allungare il suo percorso scolastico o di favorire l’abbandono degli studi.

A volte non riescono a percepire il figlio come un individuo autonomo ma lo vivono piuttosto come un prolungamento di sé perciò tendono a dare per scontato che egli abbia i loro stessi gusti e le loro stesse preferenze. Lavorando a scuola capita di incontrare situazioni di questo tipo.

Antonio viene con il padre che lo porta al colloquio perché lo vede in difficoltà sia come inserimento nella classe, sia come rendimento scolastico. Parlando poi con il ragazzo viene fuori che a lui questa scuola proprio non piace, non si trova bene con le materie scientifiche, lui avrebbe voluto prendere il liceo artistico, ma il padre, ingegnere non aveva voluto. Lo vedeva piuttosto seguire le sue stesse orme.

Trovarsi in un contesto che non gli apparteneva lo faceva sentire inadeguato con ripercussioni importanti su tutto ciò che riguardava la scuola. Questo papà faceva fatica a percepire il figlio come individuo autonomo, da qui l’istinto di intervenire e prendere decisioni per il suo bene. Le intenzioni erano buone, ma poco calate nella realtà e nei bisogni di Antonio.Il ragazzo da parte sua, aveva le sue difficoltà ad esprimere in maniera definita il suo punto di vista. Aveva paura delle reazioni del padre e non voleva deluderlo.

Intendiamoci, un errore nella scelta scolastica non può, da solo, generare danni irreversibili, piuttosto si inserisce in un equilibrio delicato, come elemento di stress in più. Se è un meccanismo che si verifica spesso, possiamo immaginare che un ragazzo si trovi spesso in situazioni che non gli appartengono, in cui non si riconosce e che questo alimenti la sua insicurezza.

Come genitori dobbiamo fare tutto il possibile per favorire il meglio per i nostri figli, ma nel fare questo dobbiamo considerarli come persone, osservarli, ascoltare quello che hanno da dire, riuscire a distinguere tra quello che ci vogliono dire per farci contenti e quello che invece rappresenta davvero se stessi.

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Genitori e figli: che fare con le bugie?

Genitori e figli: che fare con le bugie?

img_0934Le bugie come affermazione di sè

“Mamma ho il cellulare scarico, non mi chiamare all’uscita, ti chiamo io quando arrivo a casa” scrive Enzo (16 anni) per sms a sua madre che è al lavoro. Dovrebbe andare subito a casa perché domani ha il compito di matematica e deve esercitarsi, ma l’invito degli amici è irresistibile: “Ci vediamo dopo scuola? Mangiamo un pezzo di pizza insieme e poi ci salutiamo”, non ha dubbi ma sua madre non capirebbe o almeno così crede. Con quella bugia forse è coperto per il tempo necessario a rientrare a casa e mettersi a studiare.

Una bugia innocua che serve a sfuggire forse a un controllo troppo serrato e a ricavarsi qualche spazio di libertà.

Un tema importante in adolescenza quello della libertà e dell’autonomia, della ricerca di uno spazio emotivo interiore da cui i genitori sono esclusi.

La bugia aiuta a crearsi uno spazio privato entro il quale muoversi senza sentirsi troppo esposti all’occhio dei genitori, è indice di un sé più autonomo, anche se non ancora abbastanza da reggere rimproveri o disapprovazione. Serve a evitare il confronto soprattutto quando assume la forma di conflitto e il ragazzo ha paura di affermare e argomentare le proprie richieste, ha paura delle reazioni dei genitori sia emotive, se giudicano, soffrono, si arrabbiano o si deludono, che concrete, se vietano e puniscono. Servono (le bugie) a evitare il confronto quando si ha paura di non essere capiti.

Qualche bugia è “fisiologica”, in ogni caso una bugia dei nostri figli deve farci riflettere sul significato che ha in quel momento nella relazione con loro, sul ruolo che abbiamo noi con il nostro atteggiamento, se siamo comprensivi o vediamo il mondo secondo un unico punto di vista che è il nostro, se non consideriamo alternative. Avere un figlio adolescente significa ritrovarsi in casa un’altra persona, un’altra voce che esprime idee, chiede attenzione, afferma diritti.

L’eccesso di sincerità è un segnale di immaturità quanto lo è la bugia seriale. Un adolescente che sente il bisogno di condividere sempre con i genitori le sue esperienze, che non è in grado di raccontare bugie e di nascondersi ogni tanto dalla loro ‘attenzione, è un adolescente che non è ancora in grado di sopportare il peso della responsabilità e dei sensi di colpa che inevitabilmente un percorso di autonomia comporta e sta prendendo tempo.

Raccontare bugie è un’arte e magari possiamo considerare l’abilità di mentire come direttamente proporzionale al livello di autonomia/definizione/demarcazione raggiunta rispetto alle figure genitoriali: più un ragazzo è definito, più la bugia è sofisticata e ineccepibile.

La bugia può essere incerta all’inizio del percorso adolescenziale, con argomentazioni più grossolane e smascherabili, per diventare più elaborate e poi perdere di consistenza, quando il ragazzo non accetta più di mentire e più o meno direttamente cerca il confronto o anche lo scontro.

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Genitori e figli: per l’educazione è meglio avere un progetto educativo comune

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L’educazione dei figli e i conflitti di coppia

Marco ha 15 anni, quando esce con gli amici perde il senso del tempo e sta così bene che rimanda continuamente il momento di salutarli, così si trova praticamente sempre a tornare a casa tardi e non di pochi minuti o di mezz’ora ma molto di più. Ha sempre una scusa da raccontare ai suoi, quella dell’autobus che non passava o della metro che saltava sono le preferite.

Una volta ha raccontato di essere caduto sull’autobus per una frenata bruslca dell’autista, di essere sceso per andare a medicarsi l’escoriazione e di avere fatto due ore di ritardo perché poi l’autobus successivo era passato molto tempo dopo.

L’escoriazione era vera ma non se l’era fatta sull’autobus, parlando mentre camminava non aveva visto il gradino ed era finito in ginocchio sul brecciolino: aveva pensato che sceneggiare un po’ il fatto gli avrebbe fatto guadagnare qualche momento in più per rimanere fuori con gli amici e con la sua ragazza.

I suoi erano piuttosto arrabbiati quando era tornato a casa e quella volta si era sentito davvero in colpa. Lui vorrebbe sinceramente accontentarli, sente di deludere un po’ le loro aspettative e questo non lo fa stare bene, ma quando si trova fuori se lo dimentica e pensa solo agli amici o alla ragazza.

C’è da dire che i suoi non hanno un atteggiamento univoco rispetto alla questione, sua madre tende a lasciar correre, suo padre invece è più propenso a metterlo in punizione (non esci per una settimana, ti levo il telefono per dieci giorni, niente cinema, ecc) e quando lui rientra tardi iniziano con il rimproverarlo ma finiscono sempre con il litigare tra loro su quale dei loro punti di vista è più giusto.

L’educazione dei figli è una questione su cui spesso si concentrano i conflitti di coppia: quale metodo deve essere seguito, quali regole far rispettare, ecc. Le differenze individuali di fronte alle questioni genitoriali si amplificano.

Uno dei due tende ad essere più rigido e normativo, l’altro tende ad essere più tollerante e a entrare più in empatia con i bisogni dei figli. Atteggiamenti diversi che sono di solito il risultato della propria storia evolutiva. La mamma di Marco è cresciuta con una certa limitazione dell’esplorazione, poche uscite erano consentite durante la sua adolescenza, si trovava spesso sola a casa mentre gli altri si vedevano, oppure quando poteva uscire doveva rientrare sempre molto prima degli altri, il primo Capodanno che poté passare con gli amici, c’era mancato poco che suo padre l’andasse a prendere prima della mezzanotte. Non vorrebbe fare lo stesso errore, vorrebbe che Marco facesse tutto e così tende ad essere piuttosto permissiva, magari anche troppo.

Il padre di Marco è cresciuto nel rispetto di poche semplici regole, se si comportava bene e rispettava le regole gli era concesso tutto e questo vorrebbe insegnare a suo figlio, per ora con scarsi risultati. L’atteggiamento di Marco lo indispone, non si sente riconosciuto come autorità e ritiene di doverla far rispettare anche con la forza.

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