da patrizia mattioli | Dic 3, 2015 | Blog su Il Fatto Quotidiano
Psicologia: la crisi come opportunità
Per definizione l’essere umano tende alla progressione, all’evoluzione e perciò alla crisi. In definitiva tutta la vita è un susseguirsi di crisi e tentativi di ricomposizione. Non esiste la stabilità, perlomeno non per periodi lunghi.
Eventi interni o esterni scandiscono passaggi di stato che necessitano di nuovi equilibri. La nascita, i primi passi, l’ingresso a scuola, la pubertà, l’adolescenza, le prime relazioni sentimentali, il matrimonio, la genitorialità, sono solo alcune delle eventualità critiche che una persona si trova ad affrontare nella vita.
Quello che poi fa con la sua crisi determina il risultato della stessa perché ogni crisi esistenziale può generare indifferentemente una condizione prolungata di sofferenza o un cambiamento evolutivo. Anche una volta raggiunti certi obiettivi una crisi si può sempre presentare:
– nella relazione sentimentale, qualcosa che non abbiamo bene focalizzato ci ha allontanato dal partner o lo ha allontanato da noi;
– nell’attività professionale, non ci soddisfano più le condizioni lavorative o economiche;
– nelle abitudini di vita, siamo stanchi delle solite cose;
– nella salute, una malattia ci può costringere all’inattività e con essa alla riflessione su dove siamo e che tipo di vita stiamo vivendo;
– in qualche altro settore della vita..
Le sue manifestazioni saranno più o meno concrete – cioè andare dal malessere fisico alla sofferenza psicologica – in base al personale modo di essere, al livello di sofisticazione raggiunto dalle nostre capacità emotive e cognitive.
Una crisi rappresenta la rottura dell’equilibrio psichico precedente e spinge verso il cambiamento e la ricerca di un nuovo equilibrio. Ogni volta che siamo toccati da eventi significativi, positivi o negativi, o anche ogni volta che raggiungiamo nuove consapevolezze, siamo costretti a ricercare equilibri di ordine superiore, più sofisticati e articolati.
Una crisi è contemporaneamente un momento critico e un’opportunità. Immaginiamo un’insoddisfazione a livello lavorativo che non si trasforma nella ricerca di un miglioramento oppure un disagio di coppia che non si trasforma in un aumento della comunicazione tra i partner o un’adolescenza che non sfocia nella maturità: ogni volta c’è il rischio di perdersi o di rimanere bloccati. Ma il più delle volte ci si riesce e la crisi diventa un cambiamento di vita.
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da patrizia mattioli | Mag 8, 2015 | Blog su Il Fatto Quotidiano
Coppia: i conflitti sulle banalità
A tutti capita di vivere conflitti di coppia, attraversare periodi nella vita di coppia, in cui si litiga in continuazione e su apparenti banalità: dove hai messo le chiavi della macchina? A che ora torni? Chi compra il latte? Che facciamo stasera?
Nei conflitti sulle banalità c’è tutto il nostro mondo e tutto il mondo della coppia. I sentimenti che innescano i bisticci quotidiani, sono gli stessi che accompagnano i confronti sulle grandi decisioni o la reazione ai comportamenti del partner.
Nei momenti di conflitto ognuno ha difficoltà a riconoscere come leciti i bisogni dell’altro e il senso di appartenenza si incrina.
A volte è necessario l’intervento di un terzo soggetto per riuscire a ritrovare una reciprocità, per prendere consapevolezza dei meccanismi attraverso i quali ci si allontana o di come ci si riavvicina.
I disaccordi in generale stimolano stati d’animo che se non vengono elaborati – cioè riempiti di significato, distinti in proporzione tra la parte emozionale che ci si riconosce anche in altre aree della vita e che perciò rappresenta una sensibilità personale, e quella invece stimolata dall’atteggiamento del partner – vanno ad aumentare la sensibilità personale a certi fatti al punto che ogni evento futuro potrebbe essere valutato alla luce di quella sensibilità e non importa se si parlerà di questioni importanti o di come si usa il tubetto del dentifricio, l’aspetto principale diventerà la ridefinizione o la messa alla prova della relazione e non il contenuto della discussione.
Se lui o lei ha fatto qualcosa che ci ha fatto sentire per esempio trascurati, lo stesso sentimento emergerà se si è dimenticato/a di comprare il latte o di fare qualcosa che gli abbiamo chiesto.
Uno sguardo, una distrazione, una parola, basteranno ad attivare o meglio riattivare i più svariati sentimenti di trascuratezza, responsabilità, inadeguatezza, insicurezza, rifiuto… che a seconda delle caratteristiche personali potranno essere attribuiti alla sensibilità o ai difetti personali o all’atteggiamento del partner.
L’attribuzione a sé può generare cadute dell’umore, così come l’attribuzione all’altro può generare irritazione e rabbia, anche se non possiamo in verità mai realmente attribuire le nostre reazioni emotive completamente a noi stessi o all’altro: Esse sono il risultato del nostro modo di essere che si attiva allo stimolo del partner ma non dipende completamente da lui.
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da patrizia mattioli | Apr 22, 2014 | Blog su Il Fatto Quotidiano
La crisi economica può essere anche una sfaccettatura di una crisi personale?
La crisi economica è il risultato di una crisi personale. Quando si parla del rapporto tra crisi economica ed equilibrio personale, si fa riferimento in genere alle conseguenze della recessione sullo stato d’animo delle persone e mai al contrario, a quanto cioè la crisi economica personale possa essere in relazione o addirittura conseguenza, della crisi psicologica della persona: crisi di strumenti, di intenzioni, di obiettivi, di scenari futuri o altro. La crisi economica sarebbe allora soltanto un sintomo, cioè la rappresentazione concreta di un problema che ha altre origini.
Chi si trova a chiudere l’attività, insieme alle difficoltà economiche si trova a gestire anche l’esplosione di tanti stati emotivi: il senso di fallimento, di incapacità, di inadeguatezza, di indegnità, di colpa e l’impressione di essere continuamente esposto ai giudizi e alle critiche degli altri.
L’elaborazione di questi stati d’animo è importante, a prescindere dalla risoluzione economica, per favorire il recupero e la ripresa dei progetti professionali e personali. In questo percorso è utile fare un salto indietro e chiedersi: come ci si è arrivati? In che momento si era – professionale, familiare, sentimentale…. – prima della crisi?
Le risposte alla prima domanda possono essere tante, passando dalle più dirette responsabilità personali, alle situazioni più legate a fattori esterni, a quelle più francamente sfortunate.
Qui voglio solo focalizzare il caso in cui la responsabilità personale ha il suo peso, caso più difficile da affrontare ma che offre maggiori possibilità di recupero.
Dunque come si è arrivati allo stallo della propria attività? Dove si è sbagliato? Quali esigenze personali hanno pesato?
Mettiamo il caso di un libero professionista che inizia a lavorare in uno studio associato o di un imprenditore che mette in piedi una piccola società con altri. Sono strade che hanno percorsi quasi obbligati, fatto un certo percorso insieme si tende poi all’autonomia: il professionista cercherà uno studio autonomo, l’imprenditore liquiderà i soci. Entrambi si troveranno ad affrontare impegni più seri, sia economici che non, e potranno entrare in crisi per le responsabilità, per l’esposizione, per l’autonomia, per la solitudine che questo passaggio comporta. Contemporaneamente magari sarà nato un figlio, o si sarà concretizzata una separazione coniugale, o sarà avvenuta una perdita….
I due potrebbero cominciare a zoppicare nelle decisioni o a fare scelte più mirate a diminuire le responsabilità, l’esposizione, l’autonomia, la solitudine, cioè più orientate a controllare e gestire gli stati interni, che a far funzionare e sviluppare il lavoro. L’attività perciò non avrà più la giusta spinta, entrerà in una spirale involutiva, si rallenterò, si fermerà. Altri fattori avranno poi il loro peso.
Valutare le cose dal punto di vista psicologico significa che per i nostri due professionisti diventa importante prendere consapevolezza dei vissuti interiori, del personale modo di funzionare, e di quanto questi incidano sulle decisioni prese o da prendere e regolarsi di conseguenza.
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