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Patrizia MattioliIl lutto: l’elaborazione

 

 

Quando la morte ci passa vicino (vedi il precedente post), tutto il resto sembra relativo, i problemi banali della quotidianità e il futuro una parola senza significato.

Si recupera una più giusta priorità nelle cose, una più giusta importanza ai rapporti umani, alle relazioni, agli affetti.

Ci vuole tempo per superare la sofferenza che un distacco comporta o per accettare che quella sofferenza ci accompagnerà per sempre, che diventerà una parte di noi.

Ognuno ha il suo modo di affrontare questo percorso: distraendosi con tante attività per non pensare, per la paura dei propri sentimenti; cogliendo il dolore come una condizione naturale attraverso la quale esprimere tutta la sofferenza dello stare al mondo; affrontandolo con disorientamento o con freddezza perché il dolore è un sentimento a cui non ci si può lasciar andare.

Attraversare un lutto significa costruire una nuova relazione con la persona scomparsa, una relazione interiore che permetterà di tenerla dentro di sé, con i ricordi, i valori, le abitudini, i sogni. Chi se ne va lascia una presenza, un patrimonio psicologico da tramandare. Si scopre la capacità di continuare ad amarla anche se non è più presente fisicamente, di provare per lei una forma di affetto che sopravvive al distacco.

Che altro senso ha il lutto? Di sicuro la sofferenza, i sentimenti di solitudine, la crisi interiore che una perdita comporta, obbligano a profondi cambiamenti, a una forzata maturità interiore a una maggiore consapevolezza dei valori e delle scelte che guideranno l’esistenza futura.

Uno dei miei primi docenti diceva che anche l’esperienza più negativa ha un risvolto positivo, anche la morte. Ai nostri commenti increduli lui sdrammatizzava dicendo che chi muore non si deve più preoccupare di tanti problemi della vita. Chi riesce a vedere le cose in questo modo sta già un bel pezzo avanti nel suo lutto.