Psicologo di base, nuove speranze per una figura da affiancare al medico
Ci sono speranze per lo psicologo di base.
Qualche giorno fa sono state pubblicate le traduzioni in italiano del Piano d’Azione per la Salute Mentale 2013-2020 (WHO Mental Health Action Plan 2013-2020) e del Piano d’Azione Europeo per la Salute Mentale (European Mental Health Action Plan), ad esso complementare, che guideranno le politiche degli Stati membri in tema di salute mentale fino al 2020.
I disturbi mentali rappresentano una delle più importanti sfide per la salute pubblica della Regione Europa, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) interessano oltre un terzo della popolazione ogni anno e i disturbi più diffusi sono la depressione e l’ansia. I disturbi mentali rappresentano la principale categoria di malattie croniche in Europa.
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L’accesso universalistico, il pieno rispetto dei diritti umani, l’equità, l’attenzione a tutte le fasi del ciclo di vita, l’empowerment delle persone con l’esperienza del disturbo mentale, l’approccio multisettoriale e gli interventi fondati su evidenze sono i principi e gli obiettivi indicati nei Piani di Azione.
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Vi si parla indistintamente di disagio psichico e disturbo mentale.
Ma depressione e ansia sono reazioni fisiologiche a eventi stressanti della vita ed è più giuste considerarle come disagio psichico che è poi l’aspetto prevalente in cui si manifestano.
Considerarle indistintamente disturbi significa dare loro una connotazione unicamente negativa e affrontarle e curarle come malattie, perciò lavorare per eliminarle, significa favorire il percorso di estraniamento della persona dalle sue emozioni e dai suoi stati d’animo, allontanandola dalla “guarigione” che in termini psicologici è piuttosto la reintegrazione di quegli stessi stati d’animo all’interno della propria narrazione, del proprio modo di dare significato alle esperienze, della propria coerenza interna.
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Un attacco di panico per esempio è un’emergenza emotiva risultato di un personale modo di essere e di elaborare l’esperienza, di una deficitaria capacità di riconoscere e attribuirsi certe reazioni emotive che vengono ignorate o relegate sullo sfondo, per emergere poi prepotentemente come un’onda anomala. Considerarlo come una malattia e basta, come dicevo, significa intervenire per eliminarlo e favorire l’estraneità al sintomo che ne è all’origine e con essa l’aumento della probabilità di altre emergenze emotive. Una lotta senza fine.
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