Le nuove restrizioni natalizie generano una comprensibile insofferenza: ulteriore deprivazione sociale e affettiva nel momento in cui ci si prefigurava tutt’altro. E’ difficile contrastare la naturale spinta alla socialità, di più se non ci si è fatti ancora una ragione interna, personale, dei motivi per cui si dovrebbe evitarla.
E’ stato detto da più parti che siamo in guerra, con un nemico invisibile. Tanto invisibile che ci vuole quasi un atto di fede. Se il Coronavirus fosse un aereo nemico pronto a lanciare i suoi ordigni, non ci sarebbe bisogno di restrizioni imposte da altri, ma verrebbe naturale tutelarsi e proteggere i propri cari.
Se sapessimo che c’è il rischio che parenti e amici che vengono a trovarci o che andiamo a trovare mettano involontariamente il nemico sulle nostre tracce (o che possiamo farlo noi), ci verrebbe più istintivo essere guardinghi. La difficoltà di farsi una ragione interna del rischio è il primo ostacolo da superare, soprattutto se non si ha avuto finora esperienza diretta con il Covid.
Come ho già scritto più volte, la pandemia non l’abbiamo scelta, ma dobbiamo attraversarla e superarla al meglio, anche in nome di chi se ne è andato, perciò lasciamo defluire l’insofferenza e tutti i sentimenti negativi che l’accompagnano, e proviamo a prendere il buono che questo momento ci può offrire. Non è molto, forse, ma c’è.
Sforziamoci di ricordare tutte le cose che ci sono sempre state strette delle festività e sorridiamo sul fatto che quest’anno potremo finalmente evitarle. E sforziamoci soprattutto di sostituire i momenti di vicinanza fisica concreta con altrettanti momenti di vicinanza emotiva e affettiva.
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