Il cognitivismo (post razionalista) va a scuola

Il cognitivismo (post razionalista) va a scuola

 

 

 

 

 

 

 

 Il cognitivismo post razionalista

E’ opinione comune che esista una realtà unica e oggettiva con un suo ordine e un suo significato e che sia possibile osservarla dall’esterno in modo imparziale e univoco. Ne è un’immediata conseguenza che se solo volessimo, potremmo tutti arrivare ad una comprensione condivisa e oggettiva delle cose e degli avvenimenti e che se ciò non accade è solo per una personale incapacità ad essere obiettivi.

Risulta invece sempre più evidente che non si può parlare di conoscenza della realtà in senso assoluto e imparziale ma che la conoscenza è sempre in relazione al soggetto che conosce.
La realtà non si può configurare allora come un’entità univoca esistente in sé, ma come un insieme di processi conoscitivi su di essa (uno per ogni individuo e ognuno valido e irriducibile), che continuamente si incontrano e si articolano.
Ogni processo di conoscenza della realtà aiuta a conoscere non già le particolarità dell’oggetto o del fatto percepito, ma le caratteristiche e il punto di vista della persona che la esprime. Dopo un contrasto tra due persone, ognuna di loro racconterà il fatto secondo il proprio punto di vista, probabilmente diverso uno dall’altro e nessuno dei due corrisponderà alla verità, ma solo al personale vissuto rispetto ad essa. Anche un osservatore esterno non potrà che fare una lettura personale dell’episodio osservato.
Qualsiasi conoscenza ed esperienza è dunque sempre il risultato di una elaborazione personale e perciò prevalentemente soggettiva. Quando comunichiamo invece, spesso presupponiamo tacitamente che chi ci sta di fronte sia come noi, e che interpreterà come noi il messaggio che gli stiamo trasmettendo e ci meravigliamo se ci rendiamo conto di essere stati fraintesi.
E’ da qui che partono molte difficoltà comunicative.

Poiché non esiste un ordine esterno predefinito, ogni individuo deve fare riferimento ad un proprio ordine interno personale, a quella che i cognitivisti chiamano organizzazione di significato personale. Questa permette di costruire e mantenere stabile nel tempo il proprio senso di sé (l’immagine consapevole di sé, il senso di identità personale), e di selezionare e dare maggior rilievo nel nostro vivere quotidiano a quelle esperienze e a quelle relazioni che meglio ci permettono di mantenere una stabilità interiore.
L’organizzazione di significato personale si costruisce su un nucleo di significati personali che è caratteristico per ogni individuo. Esso si articola e si costruisce all’interno delle relazioni sociali significative durante tutto l’arco della vita. Relazioni dapprima rappresentate dal rapporto con i genitori, poi con altri adulti, con i coetanei, con il partner. Il significato personale è inizialmente finalizzato a mantenere stabile il rapporto di attaccamento con il genitore: il bambino percepirà come meglio appartenenti a sé, gli atteggiamenti e i tratti che più di altri gli consentiranno di ottenere la vicinanza e la protettività del genitore. Solo più tardi con la risoluzione della riorganizzazione adolescenziale tali tratti si struttureranno in una specifica organizzazione di significato personale attraverso la quale selezionare e ordinare le esperienze.

Ora che il concetto di significato personale sembra più chiaro, che succede se lo inseriamo nel contesto scolastico?
A scuola come in tutte le vicende della vita, ogni individuo, studente, insegnante, genitore etc. porta un suo significato personale che si esprime e si articola all’interno dei rapporti scolastici e diventa un significato più o meno comprensibile e condiviso dagli altri in base al livello di comunicazione che stabilisce con loro che è a sua volta subordinato al livello di significatività che assume il rapporto stesso (rapporto caratterizzato dall’amicizia, dalla progettualità, …… ).
Il grado di convivenza che vi si crea, fa della scuola un luogo in cui per forza di cose si costruiscono rapporti significativi, in positivo e/o in negativo, all’interno dei quali avvengono scambi emotivi di varia intensità. Tali scambi emotivi possono essere elaborati in due modi diversi: attraverso il significato personale e attraverso un significato comune.
Consideriamo dunque la scuola come luogo in cui si intrecciano e si integrano i significati personali individuali. Così facendo questi danno luogo ad un significato comune che a sua volta offre ad ognuno un’immagine di sé che non può più prescindere dagli altri.
Possiamo ipotizzare che nel tempo si strutturi un’identità scolastica che definisce per ogni partecipante il sentirsi (o non sentirsi) parte di quella comunità.
Facendo riferimento alle recenti applicazioni del modello cognitivo costruttivista postrazionalista sull’analisi delle relazioni e delle dinamiche familiari (M.Dodet, 2002) possiamo ipotizzare che le dinamiche che si avvicendano nelle relazioni scolastiche abbiano le stesse caratteristiche di quelle familiari: in rapporti caratterizzati dall’armonia il racconto di vicende comuni ha un significato comune, in rapporti disarmonici i racconti diventano separati ognuno focalizza il racconto su aspetti diversi della questione, con attribuzioni diverse rispetto al rapporto di causa-effetto . I racconti condivisi lasciano il posto a racconti individuali facendo riemergere i significati individuali e con questi le distanze comunicative. Le affermazioni: “questo alunno proprio non si applica” e “la prof di italiano mi ha preso di mira” e “l’insegnante di italiano non capisce mio figlio”, sono le interpretazioni personali di un’esperienza che su un piano di condivisione potrebbe corrispondere a “la prof di italiano è abbastanza esigente, si aspetta dall’alunno un riconoscimento attraverso la preparazione e lo studente ha paura di non essere all’altezza della situazione, così non prova per niente a studiare”. Oppure gli insegnanti che spesso si affrontano in modo oppositivo durante i collegi dei docenti, si fanno poi opinioni diverse su come sono andate le cose durante il collegio e perché: ognuno ne può attribuire la causa all’altro senza mai arrivare a spiegarselo veramente. Essi si trovano in una posizione di stallo in cui il loro battibeccarsi, che parte dai temi del giorno ma si sposta velocemente su piani più personali, avviene secondo un copione ormai noto a tutti i partecipanti attraverso il quale ognuno gioca il suo ruolo così da confermare gli altri ed essere conferrmato egli stesso nell’identità che gli appartiene in quel momento: innovatore incompreso, collega non considerato, etc…..
In questa ottica lo scopo principale di un intervento sulla comunicazione a scuola sarà più propriamente quello di creare le condizioni che permettano di condividere le sequenze di eventi e di ridefinire i rapporti.
E poiché i vuoti e le ambiguità comunicative possono essere superate solo se e quando i soggetti che interagiscono arrivano a conoscere e a comprendere ognuno il punto di vista dell’altro, un intervento di questo tipo dovrà più giustamente mirare a permettere il passaggio di informazioni tra le diverse categorie di persone che si incontrano a scuola (insegnanti, genitori, studenti) e all’interno della stessa categoria tra i diversi individui: aiutare gli insegnanti, che a mio avviso sono quelli che incidono di più sulla comunicazione a scuola data la posizione che ricoprono e la minor ciclicità con cui si avvicendano, ad avere più familiarità con i propri stati personali (consapevolezza delle proprie motivazioni, delle proprie reazioni personali, delle proprie capacità, delle proprie sensibilità, delle proprie aspettative). Aiutare sia gli insegnanti che i genitori (e nella misura possibile anche gli studenti) a riconoscere i diversi punti di vista da cui ognuno di loro osserva gli altri, fornire loro gli strumenti per comprendere i comportamenti di un collega di un alunno o di un genitore al di là della reazione personale che può stimolare.

Bibliografia

Dodet M. – Attaccamento, organizzazione di significato e reciprocità affettiva: una terapia di coppia –
Dodet M. – Psicoterapia post-razionalista: il modello, la clinica, la formzione – Studi di Psichiatria – Vol.3, N.2, 2001
Guidano V.F. – La complessità del sé – Torino – Bollati Boringhieri – 1988
Guidano V.F. – Il sé nel suo divenire – Torino – Bollati Boringhieri – 1992
Maturana H.R., Varela F. – Autopoiesi e cognizione – Venezia – Marsilio – 1985
Rezzonico G., Ruberti S. – L’attaccamento nel lavoro clinico e sociale – Milano – Franco Angeli – 1996

La Nascita dell’Amore

La Nascita dell’Amore

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La nascita dell’amore

Se consideriamo che tutti i disturbi psicopatologici appartengono alla sfera affettiva, possiamo capire perché il tema dell’amore è fondamentale nella comprensione dell’esperienza umana.

Generalmente pensiamo all’amore come a un profondo sentimento di affetto, simpatia, passione verso una persona, che si manifesta come desiderio di ricercare la sua presenza e di procurarle del bene.
Se molte teorie sull’amore tendono ad identificarlo come un sentimento particolare altre, per esempio quella di Vittorio Guidano (1999), ritengono che l’amore non sia un sentimento particolare o una particolare qualità emozionale, ma lo spazio emotivo che si crea tra due persone, lo spazio comune all’interno del quale gli individui si muovono in modo coordinato e consensuale, la distanza compresa tra l’affetto e la separazione, l’attaccamento e il distacco, cioè tutto il mondo dei sentimenti umani.
Visto in questo modo, l’amore è l’organizzatore delle emozioni umane.

Ma come nasce questo spazio comune?
Facciamo riferimento al pensiero di Vittorio Guidano.
L’uomo è un primate e come tale, abita in una realtà intersoggettiva; questo significa che la sua conoscenza è interattiva; così la conoscenza che l’individuo ha di sé avviene in relazione alla conoscenza che egli ha degli altri e la conoscenza che ha degli altri, a sua volta, è sempre una conoscenza di se stesso.
Il fissare le premesse epistemologiche evolutive in termini di intersoggettività permette, secondo V.Guidano, di focalizzare con precisione l’affettività nella vita degli esseri umani e quanto di questa va insieme all’amore.

Nella visione di Guidano, l’amore non è diverso dalla conoscenza. La conoscenza, secondo lui, definisce lo spazio umano dove la realtà equivale all’esperienza che è ordinabile; lo spazio intersoggettivo tra attaccamento e distacco definisce lo spazio in cui la realtà è vissuta, definisce l’esistenza e i due aspetti sono come due facce della stessa medaglia. Da una parte c’è la realtà intesa come il personale modo di percepire e concepire il mondo; ed è la conoscenza in generale. Dall’altra ci sono le emozioni. L’ordine che si produce con le emozioni, che è parallelo a quello della conoscenza, viene ad essere l’amore. l’amore è l’ordine organizzato della sfera emozionale umana; così come la realtà, la conoscenza è quell’ordine organizzato del conoscere umano

Secondo Guidano, l’affettività nell’uomo evolve con l’emergere del mentalismo.
La prima conseguenza del mentalismo è la formazione della coscienza. La coscienza nasce come capacità di reagire alla realtà. Storicamente, dice Guidano, la coscienza nasce come coscienza di separazione. L’inizio della coscienza umana avviene intorno al momento di invenzione dell’agricoltura, quando cominciano ad avvenire mutamenti importanti nella comunità umana. Prima di allora gli uomini vivevano come gli altri animali in continuo movimento sulla terra alla ricerca di cibo, non erano perciò molto diversi da loro. Con l’agricoltura si fa strada una percezione diversa della realtà, l’agricoltore si stabilizza in un luogo e ha un rapporto più distaccato con questa realtà. L’uomo passa dall’essere “parte della natura”, ad “essere spettatore” potendola anticipare. Prima la realtà era vissuta nell’immediatezza, l’agricoltore invece vive con la coscienza che l’immediatezza è solo un aspetto della realtà dato che è in grado di operare in funzione di un risultato che sarà visibile solo mesi più tardi.
La capacità di agire sulla realtà avviene secondo Guidano, nella sfera affettiva mediante la coscienza di separazione, la coscienza cioè di essere diversi da quella realtà, di essere diversi dall’altro. La coscienza di separazione avrebbe fatto emergere il bisogno di intersoggettività, di supporto emozionale, di maggiore consistenza affettiva, per rendere tollerabile questo senso di separazione.
Con il sorgere dell’agricoltura si è incrementato il pensiero autoriflessivo, autoreferenziale, che consente la coscienza di essere coscienti, che aumenta il senso di separazione e divisione e con questi il sentimento di solitudine esistenziale.

Un cambiamento importante, avviene poi quando la femmina umana passa dalla situazione estrale a quella mestruale, cambiamento che la porta ad essere ricettiva sessualmente tutto l’anno, fatto questo che scollega la sessualità dalla riproduzione. Nell’essere umano la funzione della sessualità diventa allora più quella di mantenere le relazioni affettive. Questa per Vittorio Guidano è stata la grande rivoluzione cognitiva.

L’amore può assumere tante forme, tutte in relazione all’idea che si ha dell’altro: oggetto di cui disporre a proprio piacimento o persona con sue intenzioni e pensieri.
Contrariamente a quello che si crede, molta sofferenza non è tanto legata alla carenza d’amore, che comunque ha la sua rilevanza, quanto alla qualità dell’amore: a quanto l’amore è rivolto ad un soggetto considerato come persona o come oggetto.
L’amore, quando riferito all’altro come persona, lo stimola e gli permette di svilupparsi, quando riferito all’altro come oggetto lo schiaccia e gli impedisce di crescere. Questo vale per esempio per i genitori, nelle tappe di crescita dei figli, e per i partner nella vita affettiva adulta: un genitore iperprotettivo rischia di danneggiare piuttosto che proteggere e un partner onnipresente rischia di soffocare piuttosto che dimostrare affetto.

Abbiamo detto che le sofferenze psichiche sono soprattutto di natura affettiva e emergono mentre l’individuo è impegnato a costruire, mantenere o rompere relazioni affettive significative, anzi si può affermare che non ci sono emozioni più intense nella vita di un essere umano di quelle che si producono nel corso della formazione, del mantenimento e della rottura di tali relazioni.

L’intimità affettiva che si costruisce tra due persone nell’amore, cioè nel momento di massima corrispondenza reciproca, può offrire una sensazione di completezza e pienezza. Può diventare però anche un’esperienza dolorosa perché è un momento di grande vulnerabilità dove anche la minima diminuzione della corrispondenza può essere percepita come un grande dolore e una grande perdita. Per questo di fronte all’intimità non è mai completamente chiaro se l’obiettivo è quello di ricercarla o di evitarla.

Se consideriamo l’amore, come uno spazio condiviso, in cui confermarsi, comprendersi, accettarsi, riconoscersi, è più facile capire il rapporto che si crea tra due partner, la conflittualità più o meno aperta che si manifesta nei momenti di crisi, quanto una crisi può mantenersi nel tempo e diventare un modo stabile di stare insieme e quanto può essere lungo e faticoso un processo di distacco.

Pubblicato su Animamediatica

Progetto Accoglienza : La formazione dei tutor secondo il post razionalismo

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L’approccio del post razionalismo sviluppato da Vittorio F: Guidano a partire dagli Anni 80, rappresenta un cambiamento epistemologico nello studio dei processi della conoscenza e sembra particolarmente utile al Progetto Accoglienza della scuola. L’attenzione (dell’approccio post razionalista) non è più focalizzata su quanto siano attendibili le caratteristiche di un oggetto o di un fatto percepito, ma sul punto di vista della persona che percepisce.

Non esiste un ordine esterno predefinito, ma ogni individuo fa riferimento ad un ordine interno personale, a un’Organizzazione di significato personale o Organizzazione del dominio emotiva, che si costruisce intorno ad un nucleo cognitivo/emotivo invariante e caratteristico per ogni individuo, che si differenzia all’interno delle relazioni sociali significative, durante tutto l’arco di vita. L’impegno post razionalista è volto a cogliere la coerenza interna di un Organizzazone di significato personale e non più a modificare le attitudini di un individuo.

Anche a scuola ogni individuo porta un suo Significato personale, per uno studente è un significato in corso di organizzazione. E’ in questo periodo infatti che si consolida l’organizzazione del dominio emotivo che si è andata differenziando nelle fasi evolutive precedenti.

I significati personali si esprimono e si articolano all’interno dei rapporti scolastici e diventano più o meno comprensibili e condivisi dagli altri, in base al livello di comunicazione stabilito.

Il grado di convivenza che si crea a scuola, la rende un luogo in cui si costruiscono necessariamente rapporti significativi all’interno dei quali avvengono scambi emotivi di varia intensità che possono essere elaborati attraverso un significato personale o attraverso un significato comune.

L’intrecciarsi dei significati personali a scuola, costruisce un significato comune che offre ad ognuno un’ immagine di sé che non può più prescindere dagli altri. Possiamo dire che nel tempo si strutturi un’identità scolastica che definisce per ogni partecipante il sentirsi (o non sentirsi) parte di quella comunità. Facendo riferimento a Dodet (2001), potremmo dire che nelle relazioni scolastiche, come nelle relazioni familiari, i rapporti armonici sono caratterizzati da un significato comune per il racconto di vicende comuni, nei rapporti disarmonici invece questo significato si perde e i racconti diventano separati focalizzandosi su aspetti diversi della questione, con attribuzioni diverse rispetto ai rapporti di causa-effetto. Armonia e disarmonia si riferiscono a quanto gli eventi, conflittuali o meno, vengono punteggiati allo stesso modo.

Il principale obiettivo è quello di favorire tra i protagonisti della scuola, la costruzione di significati condivisi.

Il lavoro che presento in questo articolo si riferisce a un progetto che si muove in questa direzione.

Sappiamo che l’adolescenza rappresenta un momento cruciale nel percorso di costruzione dell’identità personale, per i cambiamenti rapidi e vistosi che avvengono in tale fase e per la difficoltà a maneggiare le nuove capacità cognitive e riflessive e a gestire l’oscillazione tra spinta all’autonomia e mantenimento dell’attaccamento.

In questa oscillazione si inserisce il rapporto con i pari a sostegno del momento di transizione.

L’importanza che riveste il rapporto con i pari è uno degli elementi alla base della strategia di Peer Education utilizzata nei Progetti di Accoglienza offerti da un numero sempre maggiore di istituti.

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