Guidare è un test per il nostro equilibrio psichico

Guidare è un test per il nostro equilibrio psichico

Foto Fabrizio Corradetti / LaPresse
06/07/2017 Roma (Italia)
Chiusura del ponte sul laghetto dell’Eur direzione centro
Nella foto: Traffico causato dalla chiusura del ponte
Ph Fabrizio Corradetti / LaPresse
06/07/2017 Rome (Italy)
Chiusura del ponte sul laghetto dell’Eur direzione centro
In the pic: Traffico causato dalla chiusura del ponte

Nelle scorse settimane si sono verificati più casi di cronaca legati al traffico e al (non) rispetto delle regole della circolazione. La tragedia più recente, il 10 luglio, è stata quella dei due fidanzati travolti dal guidatore ubriaco di un furgone, lanciatosi in un inseguimento a seguito di un diverbio. Una ragazza di 27 anni è morta sul colpo, il compagno, di 29, è gravissimo.

Va detto – per cercare di comprendere qualcosa di più di questa terribile vicenda – che alla guida tendiamo, forse un po’ tutti, a essere più risoluti: sono in gioco il rispetto delle regole stradali, ma soprattutto la considerazione che abbiamo di noi stessi.

Essere all’interno di un mezzo ci fa sentire evidentemente più protetti e quindi più liberi di parlare, più determinati nell’esprimere anche con insulti, parolacce e gesti volgari, lo stato d’animo del momento e il personale punto di vista su chi ci sta di fronte. L’automobilecon la sua struttura solida, modifica la percezione che abbiamo di noi stessi e con questa il senso delle cose che possiamo o non possiamo permetterci con gli altri mentre siamo alla guida. La macchina protegge come un’armatura e anche la persona più mite ed educata, facendole tirare fuori la parte più prepotente di sé. Lo stesso vale su due ruote: ci si può sentire più vulnerabili, ma con il senso di potersi defilare facilmenteda situazioni critiche, zigzagando nel traffico.

Se un confronto tra automobilisti avviene in un momento in cui uno o entrambi gli interlocutori sono già in tensione per altre questioni personali, le cose possono diventare difficili e si può passare velocemente dal confronto al contrasto, fino allo scontro.

Ognuno ha un modo personale di elaborare lesperienza. Lo scambio di insulti può rappresentare ed essere vissuto come una sopraffazione e sollecitare un vissuto di inferiorità, o essere interpretato come una valutazione negativa e stimolare sentimenti di inadeguatezza o di indegnità o altro. In tutti i casi se i sentimenti negativi che ne derivano vengono totalmente attribuiti all’episodio in corso e a se stessi in quel frangente, ne può risultare una brusca caduta dell’umore. Se invece viene attribuito totalmente all’esterno, nel nostro caso alla persona che ci ha tagliato la strada, rubato il parcheggio o altro, allora è probabile che emergano reazioni emotive di rabbia che, in mancanza di freni inibitori, vuoi per cause naturali (incapacità personale a contenere le emergenze emotive), vuoi per cause indotte (assunzione di alcool per esempio), si può trasformare in quello che viene chiamato “un agito”, cioè la messa in atto di un comportamento istintivo, automatico contro l’altro, che non è più visto come una persona, ma come un nemico da abbattere per riscattare l’orgoglio ferito o l’autostima minacciata e affermare la propria giustizia

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I capricci più frequenti tra i bambini e come gestirli

I capricci più frequenti tra i bambini e come gestirli


Tre capricci frequenti nei bambini e come gestirli?

Sono molti i comportamenti dei bambini che chiamiamo capricci. Capricci diversi in età diverse. 

Più i bambini sono piccoli e più il capriccio assume la forma di reazione istintiva, incontrollata, di fronte alla richiesta di dover fare o interrompere un’attività.

Man a mano che il bambino cresce i capricci possono assumere una forma più regolata, grazie alle acquisite capacità linguistiche che lo aiutano a esprimere e gestire il proprio stato d’animo.

Tra i capricci più frequenti possiamo pensare a quelli che si manifestano al momento: 

  • di interrompere un’attività di gioco
  • al momento di andare all’asilo o a scuola
  • o al momento di andare a dormire

Alla base di quello che etichettiamo come capriccio in realtà c’è sempre un bisogno o un disagio, che preme per essere riconosciuto.

Tutti i capricci esprimono il dispiacere o la difficoltà che  il bambino vive in quel momento e la cosa migliore che si può fare è di mettersi nei suoi panni e cercare di vedere le cose dal suo punto di vista per capire quale è la difficoltà.

Un capriccio non rappresenta un dispetto contro il genitore ma comunica qualcosa.

Quando fa i capricci perché non vuole smettere di giocare, in effetti sta esprimendo il dispiacere per dover interrompere una cosa piacevole e quello che il genitore può fare è condividere e comprendere il dispiacere, accettandone l’espressione, pur rimanendo fermo nelle decisioni

Quando fa i capricci perché non vuole andare a scuola o a dormire il bambino sta esprimendo la difficoltà di separarsi, la paura e la tristezza di allontanarsi dalle persone care.

Ha allora soltanto bisogno di essere rassicurato, di saper che non è solo e che ha accanto adulti disposti ad ascoltare e aiutare.

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Farma party, gli adolescenti che si sballano con gli psicofarmaci rischiano gravi conseguenze

Farma party, gli adolescenti che si sballano con gli psicofarmaci rischiano gravi conseguenze

 

I ragazzi si procurano facilmente psicofarmaci senza prescrizione medica, direttamente a casa propria o a casa di amici: farmaci per dormire, farmaci per l’attenzione, per l’iperattività, per regolarizzare l’umore, per le diete o altro. Hanno imparato che le difficoltà di addormentamento, di attenzione, di gestione emotiva sono “malattie” che si risolvono con i farmaci.

Gli psicofarmaci e i farmaci, senza prescrizione medica, sono infatti le sostanze più utilizzata dai giovanissimi dopo alcol e cannabis. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc). Un teenager su dieci usa i medicinali per divertimento, per sballarsi, per organizzare i cosiddetti Farma party: feste a base di farmaci in cui scambiarsi e ingerire casualmente farmaci, mettendo seriamente a rischio la propria salute. Le sostanze, condivise in un grande contenitore, vengono assunte in un miscuglio imprevedibile ed è proprio l’incognita dell’effetto che attrae.

L’adolescenza, lo sappiamo, è un periodo estremamente delicato, riconosciuto come quello più a rischio per lo sviluppo di comportamenti psicopatologici. Gli eccessi adolescenziali possono essere considerati come comportamenti fisiologici appartenenti alla fase di crescita, che nella maggior parte dei casi regredisce in maniera spontanea. Le trasformazioni fisiche e psicologiche che avvengono in questo periodo di vita di fatto favoriscono la spinta a sfuggire alla dipendenza degli anni precedenti attraverso atti di ribellione, indipendenza e affermazione decisionale, verso gli adulti di riferimento. Un atteggiamento che si fa forza dell’accettazione e del sostegno del gruppo dei coetanei.

L’adolescente, ancora immaturo, è alla ricerca di gratificazioni immediate, obiettivo che mette spesso in secondo piano la considerazione e la valutazione dei rischi e delle conseguenze dei propri comportamenti. Malessere esistenziale, bisogno di attenzione, bisogno di esplorazione e scoperta, bisogno di sfuggire alla frustrazione o alla noia, bisogno di appartenenza e di sentirsi parte di un gruppo sono alcuni dei detonatori possibili, in grado di innescare comportamenti in cui mettersi alla prova per superare i propri limiti, con il rischio ogni volta di perdere il controllo.

Solo una piccola parte degli adolescenti tende effettivamente a mettere in attocomportamenti a rischio, ma le conseguenze possono essere molto gravi. Alcuni studi stimano che in adolescenza avvenga il 35% di decessi in più rispetto al periodo di vita precedente. La famiglia ha il suo peso ma non solo, per questo è importante che si attivino tutti gli adulti che appartengono agli ambienti che i ragazzi frequentano: scuola, ambienti sportivi, altri ambienti

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La perdita di un gatto provoca sofferenza. Smettiamola di dire ‘è solo un animale’

La perdita di un gatto provoca sofferenza. Smettiamola di dire ‘è solo un animale’

Gatti, cani, altri piccoli animali, ci accompagnano per un periodo della vita e quando se ne vanno lasciano un vuoto enorme.

Qualche giorno fa è morto il mio gatto anziano. Un grande dispiacere. Una perdita che costringe a ripercorrere il tempo vissuto insieme. Quando Pallino è entrato nella nostra vita eravamo in vacanza in campeggio: marito, figlia piccola e io. Avevamo perso da poco una persona cara e un altro figlio non sembrava arrivare: c’era tutto lo spazio per un nuovo affetto, per un nuovo affetto peloso.

Un branco di gatti gironzolava per il camping nella speranza di trovare o ottenere cibo. Pallino, che aveva pochi mesi, ci ha scelti anche per la nostra compagnia.Saliva sulle gambe e ci si addormentava. Spesso tornando dal mare lo trovavamo a dormire su una delle nostre sedie. È venuto naturale portarlo con noi.

Era denutrito e pieno di pulci. Ce ne siamo presi cura e lui ci ha ricambiato con la sua presenza affettuosa e “graffiante”. Più di una volta siamo usciti “segnati” dal gioco con lui. Recuperate le forze è venuta fuori la sua natura di grande guerriero e cacciatore. Ci portava orgoglioso i suoi trofei e quando questi erano ancora vivi, un rondinino o una lucertola per dire i più frequenti, cercavamo di dare loro una seconda opportunità.

Ha sempre difeso con forza il suo e il nostro territorio. Autonomo e autosufficiente non ha mai voluto condividere con un altro gatto la sua casa e noi fino a un certo punto lo abbiamo assecondato. È rimasto con noi quasi 18 anni.Tanti, ci dicono, per un gatto che è sempre andato in giro, ha attraversato strade, affrontato pericoli e cattiverie umane.

È stato brutto vederlo spegnersi piano piano e dover essere noi a decidere il momento in cui la sua sofferenza era diventata eccessiva. Rimarrà per sempre nei nostri cuori.

Gatti, cani, altri piccoli animali, ci accompagnano per un periodo della vita e quando se ne vanno lasciano un vuoto enorme.
Con loro si costruisce un vero e proprio attaccamento, un legame affettivo, durevole ed emotivamente significativo, come quello che si forma con un altro essere umano. Come quello caratterizzato da desiderio di vicinanza, ansia per la separazione, attivazione di comportamenti mirati a ristabilire il contatto, senso di sicurezza alla presenza dell’altro.

Lo affermano studi recenti sull’attaccamento: il ruolo degli animali è assimilabile a quello del bambino con il genitore. L’animale stimola comportamenti di accudimento da parte del padrone che se ne prende cura in tutto, come farebbe con un figlio. Chi si prende cura degli animali questo lo sa da sempre.

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