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Le storie dei personaggi famosi, come Adele ad esempio, offrono il pretesto per parlare di problematiche diffuse.

Adele voleva compensare la profonda ferita causata dall’assenza del padre nella sua vita costruendo una famiglia sua, visto che non ne aveva avuta una. Voleva proteggere suo figlio dall’esperienza che lei stessa aveva vissuto. Non esserci riuscita, aver divorziato e “smantellato la vita di mio figlio per la mia” ha generato forti sensi di colpa e attacchi di panico.

Del panico si è parlato in questi giorni e voglio aggiungere qualcosa.

Se è vero che non ci sono segnali premonitori di un attacco di panico, che per definizione è inaspettato e imprevedibile, si può però cogliere un aumento dei fattori di rischio rispetto a esso. Fattori forse utili per la prevenzione o anche solo per rispondere alla domanda: perché un attacco di panico adesso? Perché ora e non prima, o dopo? Cos’è cambiato da altri momenti in cui si è verificato quello stesso segnale fisico che oggi scatena l’ansia intensa e innesca quel senso di allarme, di pericolo, di perdita di controllo?

Spesso, ricostruendo la storia delle persone, si ritrovano, come per Adele, cambiamenti importanti nelle relazioni significative. Non servono anni di terapia per ricostruire una storia di vita e/o i momenti di vita che precedono l’esordio di un sintomo, ma piuttosto un’indagine precisa, che ripercorra la strada a ritroso e raccolga le chiavi di lettura attraverso le quali la persona dà significato all’esperienza.