Roma, Federica morta per choc anafilattico. La sua scomparsa toglie un po’ di futuro a tutti
Qualche giorno fa è morta una ragazza di 16 anni, Federica, che frequentava il terzo liceo nell’istituto dove ho lavorato per tanti anni. Devo averla incontrata Federica tre anni fa quando è arrivata a scuola e coordinavo il lavoro dei tutor per l’Accoglienza nelle prime classi. Sabato sera era uscita con la sua migliore amica e non è più tornata. Una crisi allergica dicono, forse per il miscuglio di shottini, mini cocktail, creme di frutta, che aveva bevuto durante la serata. Cose che fanno i ragazzi quando escono la sera, per allentare le tensioni, per lasciarsi un po’ andare, per farsi qualche risata in più. Poi dalle risate alla disperazione: si è accasciata a terra per la difficoltà respiratoria e sono stati inutili i tentativi degli amici di rianimarla. Forse tra le bevande qualche sostanza per lei proibita.
Ho saputo della tragedia da un’insegnante (e amica) con cui ho collaborato negli ultimi anni. Lei è ancora sotto shock, come anche tutti gli insegnanti del corso di Federica. Ancora di più lo sono i compagni di classe che anche dopo giorni non riescono a credere che sia accaduto davvero e che Federica in classe non tornerà più. Tutti a scuola, i compagni, gli insegnanti, non si danno pace, per non aver saputo prevenire, per non averla saputa aiutare, per non averla saputa proteggere.
È difficile uscire dallo stato di torpore che spesso accompagna le notizie traumatiche. John Bowlby diceva che le emozioni più intense l’essere umano le vive mentre è impegnato nella costruzione, nel mantenimento ma soprattutto nella rottura (come lo è anche quella dovuta alla morte) dei legami affettivi. Separazioni e perdite sono le esperienze in cui facciamo più fatica a mantenere un senso di continuità personale. Per questo è tanto difficile affrontarle.
Per arrivare a questo c’è tutto un cammino da fare, tutto un percorso in cui rivivere tanti ricordi legati a chi se ne è andato e al rapporto che avevamo con lui (o lei). E allora come si può riprendere la quotidianità scolastica dopo un evento del genere, quando la sofferenza sovrasta qualsiasi logica di apprendimento? In effetti non si può. Non si può proseguire alcuna didattica senza dare spazio alla sofferenza, senza dare spazio alla condivisione dei sentimenti comuni di incredulità, di impotenza, di rabbia, di colpa per non averla saputa aiutare e per essere sopravvissuti: condivisione tra compagni, tra docenti, tra studenti e docenti. Non si può proseguire senza affrontare il tema della morte.
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