Farma party, gli adolescenti che si sballano con gli psicofarmaci rischiano gravi conseguenze

Farma party, gli adolescenti che si sballano con gli psicofarmaci rischiano gravi conseguenze

 

I ragazzi si procurano facilmente psicofarmaci senza prescrizione medica, direttamente a casa propria o a casa di amici: farmaci per dormire, farmaci per l’attenzione, per l’iperattività, per regolarizzare l’umore, per le diete o altro. Hanno imparato che le difficoltà di addormentamento, di attenzione, di gestione emotiva sono “malattie” che si risolvono con i farmaci.

Gli psicofarmaci e i farmaci, senza prescrizione medica, sono infatti le sostanze più utilizzata dai giovanissimi dopo alcol e cannabis. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc). Un teenager su dieci usa i medicinali per divertimento, per sballarsi, per organizzare i cosiddetti Farma party: feste a base di farmaci in cui scambiarsi e ingerire casualmente farmaci, mettendo seriamente a rischio la propria salute. Le sostanze, condivise in un grande contenitore, vengono assunte in un miscuglio imprevedibile ed è proprio l’incognita dell’effetto che attrae.

L’adolescenza, lo sappiamo, è un periodo estremamente delicato, riconosciuto come quello più a rischio per lo sviluppo di comportamenti psicopatologici. Gli eccessi adolescenziali possono essere considerati come comportamenti fisiologici appartenenti alla fase di crescita, che nella maggior parte dei casi regredisce in maniera spontanea. Le trasformazioni fisiche e psicologiche che avvengono in questo periodo di vita di fatto favoriscono la spinta a sfuggire alla dipendenza degli anni precedenti attraverso atti di ribellione, indipendenza e affermazione decisionale, verso gli adulti di riferimento. Un atteggiamento che si fa forza dell’accettazione e del sostegno del gruppo dei coetanei.

L’adolescente, ancora immaturo, è alla ricerca di gratificazioni immediate, obiettivo che mette spesso in secondo piano la considerazione e la valutazione dei rischi e delle conseguenze dei propri comportamenti. Malessere esistenziale, bisogno di attenzione, bisogno di esplorazione e scoperta, bisogno di sfuggire alla frustrazione o alla noia, bisogno di appartenenza e di sentirsi parte di un gruppo sono alcuni dei detonatori possibili, in grado di innescare comportamenti in cui mettersi alla prova per superare i propri limiti, con il rischio ogni volta di perdere il controllo.

Solo una piccola parte degli adolescenti tende effettivamente a mettere in attocomportamenti a rischio, ma le conseguenze possono essere molto gravi. Alcuni studi stimano che in adolescenza avvenga il 35% di decessi in più rispetto al periodo di vita precedente. La famiglia ha il suo peso ma non solo, per questo è importante che si attivino tutti gli adulti che appartengono agli ambienti che i ragazzi frequentano: scuola, ambienti sportivi, altri ambienti

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Psicofarmaco chiama altro psicofarmaco. La psicoterapia invece è un investimento su se stessi

Psicofarmaco chiama altro psicofarmaco. La psicoterapia invece è un investimento su se stessi

Nel suo libro La sospensione degli psicofarmaci Peter R. Breggin, psichiatra e ricercatore, spiega gli effetti collaterali degli psicofarmaci antidepressivi, antipsicotici, benzodiazepina, litio e il dubbio sull’effettiva utilità degli stessi.

E’ una questione che gli psicoterapeuti sostengono da sempre, osservandola quotidianamente nella pratica clinica.

Che gli psicofarmaci abbiano effetti iatrogeni non è una novità, i bugiardini degli stessi sono una lunga lista di evenienze possibili all’assunzione. Che gli effetti collaterali riguardino proprio i sintomi che questi dovrebbero risolvere è il paradosso messo in evidenza da sempre più numerose ricerche ultimamente. Non che anche questo non si sapesse da tempo, alcuni colleghi psichiatri e psicoterapeuti mi fanno presente che ai tempi della loro specializzazione venivano messi in guardia da docenti illuminati, sugli effetti degli psicofarmaci e esortati a procedere con cautela nelle prescrizioni.

Un buon uso degli psicofarmaci dovrebbe avere sempre l’obiettivo dimantenere la cura per il tempo strettamente necessario al paziente per prendere consapevolezza, attraverso percorsi psicoterapeutici, sull’origine della propria sofferenza emotiva e integrarla nel senso di identità personale in corso nel suo momento di vita.

E’ una caratteristica dei nostri tempi quella di essere intolleranti alla sofferenza, di escludere o non saper riconoscere certi stati emotivi che diventano sintomi, percepiti come un qualcosa di estraneo a sé; è una caratteristica dei nostri tempi quella di ricercare (il paziente) e prescrivere (il medico) medicine che diano l’illusione di poter smettere di soffrire senza sforzi e soprattutto senza farsi carico dei propri problemi.

La nostra vita è un susseguirsi di relazioni in cui costruiamo e sviluppiamo un’identità che ha caratteristiche di continuità e coerenza. L’emergenza di un sintomo, è un tentativo di mantenere nel cambiamento, un senso di continuità. L’esperienza della discontinuità, cioè quando ci succede e reagiamo in un modo che non ci saremmo aspettati da noi stessi, è un’esperienza perturbante di cui è necessario ricostruire il significato.

Le emozioni che consideriamo negative, non vanno curate (che di solito significa eliminate), ma utilizzate per costruire un cambiamento.

Il problema che si verifica con l’uso di psicofarmaci è che questi vanno ad attenuare le emozioni sgradevoli (e/o i sintomi che ne derivano) e con queste a confondere il percorso di comprensione e consapevolezza. Mentre la psicoterapia lavora in senso opposto.

Non voglio dire che la psicoterapia non abbia effetti collaterali, tutte le terapie comportano un rischio. Uno degli effetti collaterali di questa è la perdita di spontaneità verso se stessi e verso gli altri, non appena gli aspetti inconsapevoli entrano nella coscienza e diventano oggetto di attenzione. Per questo motivo si procede con cautela nell’intraprendere percorsi orientati ad aumentare la consapevolezza limitandosi alle aree che risultano critiche per la persona rispetto ai vissuti di sofferenza e al raggiungimento di obiettivi personali importanti.

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