La salute mentale oltre il Covid: gli investimenti continueranno anche dopo l’emergenza?

La salute mentale oltre il Covid: gli investimenti continueranno anche dopo l’emergenza?



La salute mentale oltre il Covid: gli investimenti continueranno anche dopo l’emergenza?

Il 10 ottobre è la giornata mondiale della salute mentale.

La salute mentale è importante: per l’Organizzazione mondiale della Sanità, è una componente essenziale della salute in generale, “uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità”.

Belle parole dovrebbero avere un risvolto concreto: si dovrebbe investire molto sulla prevenzione, sulla psicologia che è la scienza che per definizione si occupa della costruzione delle condizioni di benessere.

Ci sono paesi in cui gli psicologi sono presenti nelle scuole, nelle aziende, paesi dove le persone hanno accesso alla consulenza e alla cura psicologica nei servizi pubblici. In Italia è diverso, a fronte di tante buone intenzioni corrisponde molto poco di quello che viene prospettato.

Poi tra le persone che vorrebbero accedere a servizi di psicologia, ci sono quelli che se la prendono con gli psicologi – piuttosto che rivolgersi a chi è nella posizione di cambiare le cose – che sono percepiti quasi come professionisti che vogliono arricchirsi alle spalle di chi soffre, che sfruttano la sensibilità delle persone. Anche le cure del dentista devono essere pagate per lo più di tasca propria, ma i dentisti non vengono percepiti così.

C’è chi ritiene che la psicologia sia inutile e che le cose hanno spiegazioni molto concrete. Spesso non si distingue tra quello che si dovrebbe fare per risolvere un problema e quello che realmente si riesce a fare. E che se una persona non riesce è per una personale incapacità o perché non vuole.

Quando non si riesce a raggiungere un obiettivo nonostante lo si voglia, è probabile che ci si trovi di fronte a un ostacolo psicologico che, se non viene riconosciuto e approfondito, può diventare un problema più grande trasformarsi in sintomo fisico o mentale ecc… Piaccia o meno, l’essere umano è il risultato dell’integrazione tra corpo e psiche: il corpo che si ammala influenza lo stato emotivo e gli stati emotivi influiscono sul corpo, facendolo ammalare. Ce lo spiega bene la psicosomatica.

Pensiamo alla pandemia: chi si è ammalato ha fatto i conti con i sentimenti di fragilità e vulnerabilità, con la paura di non farcela, con il senso di solitudine e di abbandono per l’isolamento a casa o all’ospedale, chi non si è ammalato ha vissuto la paura di ammalarsi, di perdere persone care o ha vissuto il dolore di averle perse e l’impotenza di fronte anche all’impossibilità di salutarle. Tutti gli altri, privati di libertà date sempre per scontate, per il bene comune, hanno dovuto affrontare lo stare da soli con se stessi o la convivenza forzata con i familiari. Quello che non si è potuto evitare o che non si è riusciti a comprendere è diventato un sintomo.

Il coronavirus – e le sue implicazioni – è forse l’esperienza più attuale che ha reso meglio questo concetto, perché non è stato, non è, solo una malattia che colpisce chi lo contrae, ma è stato, ed è all’origine di sofferenze psicologiche altrettanto importanti.

La reazione delle autorità alle problematiche psicologiche conseguenti alla pandemia e al lockdown è stata qui più puntuale. Si era prospettata l’idea di finanziare bonus per i cittadini che offrono spese per le cure psicologiche.

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Depressione, secondo un focus colpisce di più donne e poveri. Ma è veramente così?

Depressione, secondo un focus colpisce di più donne e poveri. Ma è veramente così?

Secondo un focus la depressione colpisce soprattutto le donne e poveri, è davvero così?

Il disagio mentale è in aumento in Italia: lo dice il Focus sul Disagio Mentaledell’Osservatorio nazionale per la Salute nelle regioni del Policlinico universitario Gemelli Irccs di Roma. Secondo le analisi, contribuiscono a questo fenomeno l’invecchiamento della popolazione e le condizioni socio-economiche sempre più precarie. È un disagio che prende soprattutto la forma di disturbi depressivi, con ricadute importanti sulla società, sulle famiglie e sul servizio sanitario.

Siamo in un periodo di riscoperta dell’importanza del piano psicologico e della sofferenza psichica: spesso accade di riconoscere la matrice depressiva in un disturbo fisico. Il disagio mentale è riscontrato e diffuso nella popolazione comune ed è un segno di una reazione a condizioni generali di vita, oltre che a storie personali difficili.

La depressione, intesa come un’alterazione dell’umore verso forme di profonda tristezza (con sentimenti di inutilità, di perdita di interesse, di negatività, di colpa, dove l’attività si riduce, l’autostima si abbassa e c’è incapacità di provare piacere), è a volte una reazione comune a eventi dolorosi della vita: separazioni, perdite, delusioni, mancato raggiungimento di obiettivi o presa di consapevolezza di un proprio limite.

Le si riconosce una funzione evolutiva perché permette di elaborare quello che è accaduto e cosa l’ha innescata e di risolverlo nel tempo attraverso il ritiro in se stessi: spesso infatti la persona depressa si isola. Allontanarsi dal mondo e ripiegare su se stessi è la soluzione naturale a questo stato d’animo, è una forma di auto-aiuto, un modo fisiologico di rigenerarsi di ritrovare in sé la soluzione. Secondo il Focus le donne sono più colpite: sembra che quelle con disturbo depressivo siano quasi il doppio degli uomini tra gli utenti dei servizi specialistici per la salute mentale. Va comunque considerato che tradizionalmente le donne manifestano più apertamente il disagio (nella forma sopra descritta), ne hanno di solito più consapevolezza e inoltrano maggior richieste di aiuto.

Ancora secondo il Focus i disturbi depressivi sono quasi il doppio più frequenti tra chi ha un basso livello di istruzione e basso reddito. Per quel che si capisce però, i dati si riferiscono all’affluenza ai servizi sanitari pubblici e perciò non tengono conto di tutto il settore privato a cui affluiscono, probabilmente, le richieste di aiuto di chi ha più risorse economiche. Secondo l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) infatti, la depressione non conosce distinzioni di tipo socioeconomico, ma colpisce indistintamente tutti. Se la depressione colpisce tutti i ceti sociali, evidentemente è poi diverso il modo in cui si manifesta e in cui viene ricercata la soluzione a seconda delle possibilità economiche: nel privato appunto per chi a più possibilità, nel pubblico per chi ne ha meno.

Infine il lavoro: è innegabile che la condizione di disoccupazione sia un elemento penalizzante: il lavoro è uno dei pilastri dell’identità personale e perderlo o non riuscire a trovarlo è un problema non solo economico, ma che va a riverberare sul proprio senso di sé. Essere disoccupati significa perdere di definizione, di potere, avere meno punti di riferimento. Sentimenti di esclusione, incapacità e inadeguatezza personali sono frequenti. Quella che chiamiamo depressione ha spesso questi contenuti.

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