Gioco d’azzardo, una vita svuotata di contenuti

Gioco d’azzardo, una vita svuotata di contenuti

img_1036

Qual’è il significato del comportamento ludopatico?

Michele deve interrompere il corso di nuoto, forse anche quello di francese che lo aiuterebbe per l’esame di maturità: i suoi non hanno più soldi. Suo padre non ha perso il lavoro, è che ha iniziato a spendere parte del suo stipendio nelle slot machine della sala giochi sotto casa. Sua madre, casalinga, non ha uno stipendio, nel tentativo di controllare il marito e distoglierlo dal gioco, è rimasta invischiata anche lei.

Il gioco d’azzardo patologico è un problema che ha ripercussioni importanti sulla famiglia del giocatore e sulla comunità. Si gioca per le motivazioni più varie: per vincere denaro e migliorare la condizione sociale, per noia, per solitudine, per sperimentare stati di eccitazione, per scarsa autostima.

Tutti vorremmo migliorare la condizione economica investendo poco denaro: minimo impegno massimo rendimento. Per la maggior parte ci rendiamo conto che non diventeremo mai ricchi con il gioco, ma la possibilità di sognare che questo possa avvenire ha un potenziale positivo che per qualcuno è ammaliante. L’illusione di un guadagno facile distoglie dalla consapevolezza di una molto più probabile perdita, visto che nelle lotterie, nei gratta e vinci, nei poker online, ecc… il risultato è determinato dal caso e le probabilità di vincere sono praticamente nulle.

Il gioco d’azzardo elargisce vincite di rado e a casaccio, senza possibilità di previsione, procurando uno stato di eccitazione che il giocatore cerca continuamente di riprodurre. E’ noto che il rinforzo più efficace non è quello successivo a ogni atto corretto, ma è piuttosto quello intermittente: l’aspettativa del premio, anche quando non viene elargito, costituisce essa stessa un rinforzo. Nell’attesa del risultato chi gioca può immaginarsi, e sentirsi, ricco e potente, avere un’illusione di controllo sulla casualità e compensare altri sentimenti negativi che prova quotidianamente. Egli mente ai membri della famiglia, allo psicoterapeuta se ne ha uno, agli altri. Mente soprattutto a se stesso per nascondere l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco e la portata del proprio fallimento, aspetto questo che si concretizza nel gioco ma ha origini in altre aree della vita. Il problema non è il gioco in sé, ma quello che c’è dietro, quello che lo sostiene sul piano personale.

La storia del comportamento ludopatico aiuta a ricostruire un significato, a dare una coerenza per poter immaginare una soluzione.

I genitori di Michele non sono genitori cattivi, sono genitori che si sono persi. Annebbiati dall’illusione di un futuro più ricco, non si rendono conto di perdere di vista il rapporto con i figli, il loro benessere. Sono oppressi dalle responsabilità della famiglia attuale e anche di quella di origine visto che i rispettivi genitori sono malati. Sono partner che hanno smesso di comunicare da diverso tempo, la cui reciprocità di coppia si è ridotta alla risoluzione delle problematiche quotidiane o alla condivisione dell’area del gioco, sono perciò soli.

Il gioco permette di evadere dalla propria vita e crea condizioni che portano ulteriormente lontani da se stessi.

In periodi di crisi economica il mercato del gioco d’azzardo aumenta proprio perché permette di immaginare futuri ideali a chi ha pochi strumenti a disposizione.

Il Comune di Roma ha varato una delibera che limita il tempo e lo spazio in cui è possibile giocare: 500 metri la distanza minima dai luoghi “sensibili” come ad esempio scuole, centri sportivi, chiese, caserme e sportelli bancomat, orari d’esercizio più restrittivi, inasprimento delle sanzioni per chi non rispetta le restrizioni.

Questo è un passo concreto, importante, utile.

 

leggi tutto il post su Il Fatto Quotidiano

Aggressività, passività o assertività

Aggressivo, passivo o assertivo

L’aggressività non è solo attiva, ma anche passiva. L’aggressività non è solo quella che si manifesta con comportamenti e parole che prevaricano la persona a cui sono rivolte, ma è anche quella messa in atto attraverso comportamenti invisibili che ugualmente esprimono rabbia e ostilità in forme indirette e passive.

L’aggressività passiva è quella espressa, per esempio, quando si mette il muso, quando si arriva sistematicamente in ritardo o si perde tempo, quando si omettono delle informazioni, quando si parla alle spalle o non si ascolta l’interlocutore e tanto altro.

Per alcune persone è molto semplice affermare il proprio punto di vista, a volte lo fanno fin troppo chiaramente. Per loro può essere difficile considerare un punto di vista diverso, spesso i modi sono così determinati, da prevedere poche obiezioni.

Per altri è più difficile, a volte impensabile, esprimere un parere diverso da chi gli sta di fronte, amico, partner o genitore che sia. Spesso si combinano coppie di partner opposti: uno che afferma in modo determinato il proprio punto di vista, l’altro che subisce o meglio trova più facile esprimersi in modo indiretto: tirandosi fuori dalla comunicazione, e a volte dalla relazione, per esempio non entrando nel discorso, oppure accettando una richiesta che poi non riesce a mettere in pratica, cercando soluzioni indirette che possono arrivare a casi estremi, per esempio una moglie che viene informata dell’intenzione del marito di separarsi dalla lettera del suo avvocato, oppure un lui capisce che lei non vuole più sposarlo solo quando non si presenta al matrimonio (mi è capitato tanti anni fa di essere invitata ad uno di questi matrimoni).

Un marito non decide all’improvviso di separarsi, come ha fatto lei a non accorgersene? Lui d’altra parte come è riuscito a nascondere eccellentemente i propri sentimenti e decidere per una separazione senza aver costruito il contesto con la moglie. Anche chi rimane al palo deve chiedersi come ha fatto scappare l’altro e questi come è arrivato a fissare una data di matrimonio senza volerlo…

Qualche caso di stalking parte da situazioni di questo tipo.

Attivo o passivo, il modo di esprimere il proprio punto di vista o la propria contrarietà, rabbia o ostilità, è il risultato della combinazione di predisposizioni e apprendimento.

Difficile ribellarsi apertamente a genitori perfezionisti ed esigenti. Meglio esprimere il contrasto attraverso forme indirette e manipolatorie. Difficile anche affermare il proprio punto di vista se si è vissuti in un ambiente iperprotettivo da cui si è rimasti dipendenti e non si è sviluppata la capacità di scelte autonome.

Dire no sembra più pericoloso che mancare a una promessa fatta, è la paura delle reazioni dell’altro, che siano di rimprovero o di delusione, che fa accondiscendere, fino a fare promesse che non si riuscirà a mantenere e che provocheranno ugualmente le reazioni negative temute.

In una coppia che ho visto ultimamente, lei esprimeva direttamente la rabbia alzando la voce, accigliando lo sguardo, battendo i pugni sul tavolo, lui rimaneva impassibile, quasi impermeabile. Gli capitava spesso però di mancare gli appuntamenti per imprevisti cambiamenti dei turni di lavoro o per malesseri improvvisi, come gli capitava a volte di dimenticare di dare alla moglie informazioni importanti, per esempio rispetto a certi cambiamenti di programma.Non

 

leggi tutto il post su Il Fatto Quotidiano