Adolescenti immigrati: ragazzi sospesi tra due culture
Un senso di estraneità inevitabile
Sono in corso gli esami di maturità. Chi è stato ammesso ha il 99,4% di probabilità di essere promosso, per lo meno secondo i dati del 2015, perciò Jay, uno dei tanti adolescenti immigrati di seconda generazione che frequentano le nostre scuole, ha molte probabilità di essere promosso, visto che quest’anno è stato ammesso.
Jay ha 21 anni, ha frequentato il quinto anno ma sono otto anni che è al liceo. E’ nato a Roma, ma i suoi genitori sono filippini.
Si ritiene che la condizione di precarietà generata dall’immigrazione permanga per almeno due generazioni, che lo status di “diversi” esponga a maggiori difficoltà nella realizzazione del proprio percorso personale a partire da quello scolastico e Jay sembra confermare queste considerazioni: ha perso tre anni nel corso delle superiori, in anni di frequenza diversi, e questi esami non si sa come finiranno, ha paura di rientrare in quello 0,6% che non si conquista il diploma di maturità. In effetti non ha neanche in mente un “dopo” che possa essere considerato un progetto reale, ha soltanto un obiettivo tanto ambizioso quanto nebuloso, completamente scollegato dalla sua situazione attuale: andarsene e diventare ricco, la ricchezza farebbe avvicinare le persone e lo considererebbe un riscatto della vita.
Jay è arrabbiato con i suoi genitori che lo vorrebbero ingegnere, avvocato o medico, ma secondo lui non si sono mai realmente preoccupati della sua situazione scolastica, neanche quando ha avuto problemi importanti con i compagni della scuola media.
Con i suoi genitori si sente a disagio e l’ostilità che prova gli fa detestare tutto ciò che li caratterizza, a cominciare dalle loro origini perciò detesta le Filippine e i filippini e come altri nella sua condizione ignora la sua lingua madre e non vuole saperne di impararla. I suoi genitori invece non parlano italiano, conoscono solo quel poco che gli serve per lavorare così quando litigano ognuno si esprime nella lingua che conosce meglio e l’incomprensione è assicurata anche da questo.
A scuola tutto sommato non si è trovato male nelle diverse classi che ha frequentato, ogni tanto rivede qualche vecchio compagno, ma in generale non ha mai avuto molti rapporti con i compagni di classe, ha sempre sentito di condividere poco con loro. Sii sente estraneo agli italiani e all’Italia, anche se si sente italiano, così come si sente estraneo al suo paese d’origine.
Durante l’adolescenza i ragazzi soddisfano nel gruppo il proprio bisogno di socializzazione, frequentando i coetanei e assumendo i loro modelli di vita gli adolescenti immigrati si garantiscono l’integrazione nel paese che li ospita. Quando questo non avviene, il ragazzo tende più a rifugiarsi nell’isolamento, a ripiegare su se stesso, anche se il gruppo dei pari rimane un termine di paragone.
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