Storia della Psicologia – Le prime scuole di pensiero – (6)

I. Pavlov

I. Pavlov

La psicologia sovietica

Abbiamo parlato finora soprattutto di studiosi tedeschi e americani, ma anche i ricercatori russi hanno dato un notevole contributo alla psicologia.

Il primo laboratorio di psicologia fu fondato nel 1886 a Kazan da Vladimir M. Bekhterev (1857-1927) e il primo Istituto di psicologia fu inaugurato a Mosca nel 1912.

Gli psicologi russi furono molto influenzati dall’opera di Wundt, ma a seguito degli avvenimenti storici e politici del 1917 la psicologia russa fu riveduta secondo l’ ideologia marxista e leninista e subordinata alla soluzione dei problemi della nuova società comunista. Per questo motivo la psicologia sovietica era considerata in occidente come la psicologia comunista.

Le scuole sovietiche più importanti sono la scuola riflessologica rappresentata da V.Bekhterev e Ivan P.Pavlov e la scuola storico-culturale rappresentata da Lev S. Vygotskij (1896-1934).

Secondo la scuola riflessologica tutti i comportamenti dell’uomo anche i più complessi sono spiegabili come la combinazione di riflessi motori di cui l’unità più semplice è l’arco riflesso. A questa impostazione ha contribuito particolarmente il lavoro del fisiologo I.P.Pavlov.

Pavlov faceva esperimenti sui cani perché era interessato ai meccanismi fisiologici che regolano la digestione (per i risultati ottenuti nello studio della fisiologia della digestione, Pavlov riceverà il premio Nobel nel 1904). Attraverso un complicato meccanismo collegato allo stomaco dell’animale, Pavlov misurava le secrezioni gastriche che accompagnavano l’ingerimento del cibo. Nel fare questo si era reso conto che il cane produceva involontariamente saliva al momento dell’introduzione del cibo nella bocca. Inizialmente pensò che questo fosse dovuto al contatto diretto con il cibo e che quindi fosse un processo prevalentemente fisiologico. Analizzando meglio invece osservò che talvolta la saliva veniva prodotta prima dell’introduzione del cibo: i cani salivavano alla vista del cibo o della persona che era abitualmente incaricata a darglielo, persino quando sentivano solamente i suoi passi: era come se il cane si aspettasse l’arrivo del cibo. Il riflesso di secrezione con la relativa reazione involontaria di salivazione risultava condizionata dagli stimoli precedentemente associati alla presentazione del cibo. Questa reazione psichica più che fisiologica era suscitata nell’animale da stimoli diversi da quello iniziale del cibo e Pavlov giunse alla conclusione che ciò era avvenuto perché gli altri stimoli (la vista della persona o i suoi passi) si erano prodotti tanto spesso in connessione con l’ingerimento del cibo. Pavlov chiamò la reazione psichica dell’animale riflesso condizionato.

Andando avanti con gli esperimenti Pavlov scoprì che qualunque stimolo poteva produrre la stessa reazione condizionata di salivazione, a patto che riuscisse ad attrarre l’attenzione dell’animale. Si servì di una serie di stimoli quali una campana, un segnale luminoso, un clacson ottenendo gli stessi risultati: una volta condizionato il cane salivava alla vista della luce, all’ascolto dei rumori e così via.

Generalizzando i risultati ottenuti sugli animali si poteva affermare che anche per l’uomo un comportamento rinforzato da una ricompensa tende a riproporsi e uno rinforzato da una punizione tende ad estinguersi e allo stesso modo una situazione associata ad uno stimolo il quale non ha a che fare con la situazione stessa ma che è in grado di procurare un certo tipo di emozione, provoca un condizionamento tale per cui l’individuo tende a provare quella stessa emozione in presenza di quello stimolo, a prescindere dalla situazione in cui si trova. I comportamentisti (vedi più avanti) dimostreranno che questa generalizzazione è legittima. Infatti se ad un bambino viene mostrato più volte un coniglietto di pelouche, associato sempre ad un rumore forte che spaventa il bambino, egli sarà condizionato da questa associazione e tenderà a spaventarsi in presenza del coniglietto anche in assenza del rumore.

L.Vygotskij

L.Vygotskij

La scuola pavloviana era considerata negli anni ’50 in Occidente l’emblema della psicologica sovietica, ma anche la scuola storico-culturale rappresentata da Vygotskij e dai suoi collaboratori ha avuto il suo peso nella teoria e nella ricerca sperimentale della psicologia russa.

Vygotskij si è occupato soprattutto del rapporto tra comportamento animale e comportamento umano e dello sviluppo delle funzioni psichiche dal bambino all’uomo con particolare attenzione allo sviluppo del linguaggio.

Si possono riscontrare processi fisiologici comuni tra animali e uomo, come ad es. i riflessi condizionati, ma mentre per gli animali questi sono l’unità fondamentale di comportamento, per l’uomo ne rappresentano soltanto i processi più elementari. L’uomo ha la capacità di utilizzare i simboli, in particolare il linguaggio, sia per comunicare con gli altri che per regolare il proprio comportamento. Per Vygotsky il linguaggio è una funzione che si sviluppa nel bambino attraverso l’interazione con l’ambiente, è interpsichica perchè serve a mettere in relazione una persona con un’altra e solo successivamente diventa una funzione intrapsichica che permette cioè di regolare dall’interno processi cognitivi e comportamento.  

Per la scuola storico-culturale, tutte le funzioni complesse come il linguaggio, emergono dall’interazione dell’individuo con il suo ambiente. La struttura del linguaggio è innata, ma la prestazione linguistica o il parlare una lingua piuttosto che un’altra, sono determinate dall’interazione con l’ambiente sociale in cui l’individuo nasce e cresce. L’egemonizzazione del campo della ricerca da parte della scuola pavloviana e la svolta politico-culturale dello stalinismo, determineranno un rallentamento nel lavoro della scuola storico-culturale che tornerà attiva soltanto nella seconda metà degli anni ’50 per opera dei collaboratori di Vygotskij: Aleksej N.Leontjev (1903-1979) e Aleksandr R. Lurija (1902-1977)