Identità Personale (II parte) – Come si costruisce
Come si costruisce l’identità personale?
Un aspetto importante nel percorso di costruzione dell’identità personale è costituito dai processi di identificazione.
L’identificazione è in generale, un processo attraverso il quale si acquisiscono ruoli sociali assumendo i tratti del comportamento delle persone che si ammirano. Attraverso l’identificazione possiamo aumentare la nostra autostima comportandoci come se fossimo la persona con cui ci identifichiamo.
I modelli che vengono scelti sono quelli che ci sembra abbiano più successo nel raggiungere i loro scopi.
Durante lo sviluppo, attraverso i processi di identificazione il bambino imita a modo suo gli atteggiamenti dei genitori e questa interpretazione personale diventa una parte di sé.
I processi di identificazione si verificano in modo diverso ed hanno un peso diverso nelle varie fasi dello sviluppo.
Nella primissima infanzia è la qualità del rapporto con i genitori (o con i loro sostituti) ad avere rilevanza. La relazione genitore-figlio può essere considerata la base per lo sviluppo dell’identità e dell’atteggiamento verso se stessi, come anche del comportamento sociale e dell’atteggiamento verso il mondo esterno. Da bambini si impara a conoscere un mondo così come lo propongono i genitori e rimarrà l’unico mondo possibile per lungo tempo. Si dovrà aspettare l’adolescenza per cominciare a considerare anche altri aspetti della realtà.
Nei primi due anni di vita, a partire da certe predisposizioni genetiche che ereditiamo dai nostri genitori, gettiamo le fondamenta di quello che si svilupperà come il nostro senso di identità a partire dalla distinzione tra noi e gli altri.
Attraverso l’atteggiamento di cura, protezione e accettazione incondizionata dei nostri genitori, cominciamo ad avere un’idea di quello che siamo e di cosa ci possiamo aspettare dal mondo e dalle persone. Se possiamo contare su un buon attaccamento ci percepiamo amabili e competenti e percepiamo gli altri come disponibili e affidabili, e poiché la nostra mente non si limita ad una registrazione passiva delle cose che ci capitano ma è attiva e selettiva, tenderemo a prestare maggiore attenzione, crescendo, a quelle esperienze che confermeranno la nostra amabilità e competenza e la affidabilità degli altri, le quali rafforzeranno la nostra percezione di base e così via.
Al contrario in un attaccamento instabile ci percepiamo come non amabili e incapaci e percepiamo gli altri come inaffidabili e daremo risalto alle esperienze che confermeranno queste percezioni.
La stessa cosa vale per l’autonomia. Il percorso verso l’autonomia, che corre parallelo a quello dello sviluppo, si manifesta attraverso esplorazioni autonome che portano ad allontanarsi inizialmente per brevi momenti dai genitori. La loro approvazione e la loro disponibilità a fornire una base sicura durante questi momenti favoriranno il personale senso di sicurezza e di autonomia e stimoleranno ulteriori esplorazioni.
Alla fine dell’infanzia noi avremo elaborato una serie di schemi mentali stabili, inconsapevoli, su chi siamo noi e come sono gli altri, che influiranno sul nostro successivo sviluppo psicologico.
Durante l’età prescolare e nella fanciullezza i processi di identificazione avvengono sulla base della presenza concreta del genitore (o dei genitori) e aiutano il bambino a riconoscere le proprie emozioni, il proprio punto di vista e le proprie caratteristiche (è alto o basso, biondo o bruno, agile o impacciato, più portato per l’aritmetica che per l’italiano, etc…).
All’inizio della fanciullezza è acquisita in modo articolato e stabile una parte importante dell’identità: l‘identità di genere (maschile o femminile). Uno dei due genitori (di solito quello dello stesso sesso), viene scelto come oggetto di identificazione e viene assunto come modello principale per il comportamento, per il modo di pensare, di sentire e per gli atteggiamenti da assumere. Una adeguata identificazione con il genitore dello stesso sesso favorisce lo sviluppo di quei tratti di mascolinità o femminilità che caratterizzano la nostra identità personale. Una buona immagine di sé verso la fine della fanciullezza è legata alla qualità della relazione con il genitore dello stesso sesso.
Con il genitore di sesso opposto invece sviluppiamo la consapevolezza della nostra amabilità in quanto maschi (o femmine) e le abilità per interagire con le persone dell’altro sesso. Chi ha difficoltà ad entrare in rapporto con l’altro sesso, spesso non ha avuto un buon rapporto con il genitore di sesso opposto.
Durante l’adolescenza e la prima giovinezza, i processi di identificazione sono sempre meno legati alla presenza fisica dei genitori, poiché lo sviluppo della capacità di astrazione rende possibile l’interiorizzazione dei valori morali e delle regole di vita di tali figure.
La capacità di astrazione è la capacità di andare oltre i fatti concreti elaborando ipotesi e teorie sulla realtà al di là di quella che viene vissuta personalmente.
Questa capacità dà un nuovo significato alla dimensione del tempo: si prende consapevolezza di avere un passato e soprattutto ci si rende conto di avere un futuro (cosa che non era possibile nelle fasi precedenti se non per un futuro molto prossimo).
Rendersi conto che la realtà può avere diverse sfaccettature, porta ad una visione più relativistica di quello che la realtà è.
I genitori, che durante l’infanzia e la fanciullezza erano considerati come depositari di verità e valori assoluti, ora vengono considerati come persone comuni (relativizzati appunto), con le insicurezze e i problemi che caratterizzano la vita di tutti e quindi anche meno essenziali per la conferma della propria identità, conferma che comincia a essere ricercata nei rapporti extrafamiliari. Durante l’adolescenza si passa gradualmente da uno stato in cui l’aiuto, la guida, il sostegno, l’approvazione e la rassicurazione provengono dai genitori (dipendenza), a uno stato intermedio in cui il sostegno e l’approvazione provengono dalle amicizie, dai rapporti sentimentali, dai rapporti con altri adulti, per arrivare allo stato in cui si è in grado di pensare, valutare, fare scelte, prendere decisioni, seguendo il proprio punto di vista, senza grossi incoraggiamenti esterni (autonomia).
Durante questo percorso si susseguono vari stati emotivi: la rabbia (nei confronti dei genitori per la scoperta dei loro limiti), la colpa (per l’allontanamento da loro), il senso di indipendenza (dopo aver ritrovato un equilibrio) e tutto avverrà tanto meno dolorosamente, quanto più stabile e sicuro sarà stato l’attaccamento. Una buona relazione di attaccamento permette un adeguato processo di identificazione che a sua volta consente un adeguato distacco emotivo dai genitori, perché l’identificazione stessa contribuisce a mantenere il senso di continuità e unicità personale durante il processo di separazione che si conclude generalmente intorno ai venticinque anni. Se si prolunga oltre questa età, la personalità dell’individuo sarà maggiormente caratterizzata da tratti infantili.
Non è durante l’adolescenza che si costruisce un senso di identità, anche se i cambiamenti che avvengono in questo periodo (sul piano cognitivo, psicosessuale e affettivo), sono piuttosto ampi e a vari livelli come forse non accadrà in nessun altro periodo della vita.
Mentre durante lo sviluppo, il rapporto con le figure di attaccamento influenza direttamente la costruzione della propria identità personale, dall’adolescenza in poi i nuovi legami affettivi che si stabiliscono (prevalentemente quelli che risultano stabili nel tempo e in cui si raggiunge una certa intimità emotiva), tendono piuttosto a confermare, consolidare e allargare quanto è stato costruito.L’interruzione di un rapporto sentimentale o di una profonda amicizia per esempio, possono provocare un doloroso cambiamento nel senso di identità personale che termina solo quando l’individuo si è adattato alla nuova situazione.
Anche una volta raggiunta la maturità adulta, il sentimento della propria identità personale rimane legato al rapporto con gli altri: identificarsi con gli altri e rendersi conto di essere diversi da loro rimane la condizione essenziale. Gli atteggiamenti, le emozioni, i comportamenti che riconosciamo in noi stessi ci aiutano a conoscere e capire gli altri e viceversa gli aspetti che riconosciamo negli altri ci aiutano a capire e conoscere noi stessi.