Storia della Psicologia – J.Bowlby e la Teoria dell’attaccamento – (33)

Storia della Psicologia – J.Bowlby e la Teoria dell’attaccamento – (33)

(segue)

Per gli adolescenti la casa dei genitori rimane sempre un importante punto di riferimento, e il sistema dell’attaccamento tornerà a riattivarsi in momenti di minaccia, malattia o stanchezza. L’adolescente deve liberarsi dagli attaccamenti genitoriali, entrare nella fase transizionale di attaccamento a un gruppo di coetanei, per arrivare alla costruzione di un legame di coppia nella vita adulta.
Per Bowlby il matrimonio, o il suo equivalente, è la manifestazione adulta dell’attaccamento, nel senso che questa relazione fornisce una base sicura al lavoro e all’esplorazione, e una protezione in caso di bisogno.
L’influenza inconsapevole del sistema di attaccamento attraverso i modelli interni costruiti con l’esperienza, ha una parte importante nella scelta del coniuge e dei tipi di relazione nel matrimonio.

Questa è in sintesi la teoria dell’attaccamento che Bowlby spiega in tre volumi (Attaccamento e perdita, 1969, 1973, 1980), pubblicati nell’arco di dodici anni.
Le idee di Bowlby non raccolgono inizialmente molti consensi tra i colleghi psicoanalisti che lo considerano poco più che un comportamentista: il considerare soltanto ciò che poteva essere osservato e misurato, in nome della scientificità, avrebbe penalizzato gli aspetti importanti della psicoanalisi, inoltre dare importanza all’ambiente (importanza peraltro convalidata poi dalle rivelazioni sulla quantità di violenze fisiche, sessuali e psicologiche che subiscono i bambini, spesso in famiglia), significava non considerare il mondo interno della fantasia che era alla base della teoria psicoanalitica.
Dato lo scarso riconoscimento Bowlby si allontanò dalla Società psicoanalitica, continuando a rimanerne membro, e continuò a seguire i propri interessi. La teoria dell’attaccamento venne a costituirsi come una disciplina a sé.
Secondo alcuni questo rappresentò una perdita sia per lui che per la psicoanalisi. A Bowlby viene contestato di avere considerato poco nel suo lavoro l’importanza della fantasia e del suo rapporto con la realtà esterna. La psicoanalisi d’altro canto, rifiutando l’impostazione scientifica che proponeva Bowlby, ha ritardato il proprio sviluppo sia sul piano teorico che sul piano clinico (Holmes, 1994).
La teoria dell’attaccamento, è stata accolta inizialmente soprattutto dalla psicoterapia cognitivista (in particolar modo quella italiana: Guidano-Liotti 1983) che l’ha integrata con la psicologia dello sviluppo cognitivo di Piaget e con la ricerca sperimentale in psicologia cognitiva per descrivere la costruzione dell’identità personale.
Il lavoro di Bowlby, ha comunque dato l’avvio ad una serie di ricerche empiriche sullo sviluppo del neonato e del bambino, che si sono rivelate estremamente fruttuose.
La teoria dell’attaccamento è considerata attualmente una delle più importanti innovazioni nel campo della psicologia generale, della psicoterapia e della psichiatria e grazie alle sue basi scientifiche ha finito col raccogliere l’interesse di settori della psicologia che avevano sempre lasciato in secondo piano lo studio delle relazioni significative nello sviluppo dell’individuo. Di fatto rappresenta oggi un collegamento tra scuole di pensiero, la psicoanalisi e il cognitivismo, che trovavano troppo distanti i propri presupposti teorici per comunicare tra loro.

(Fine)

Storia della Psicologia – Il Cognitivismo – (19)

imageLa concezione dell’uomo come elaboratore di informazioni caratterizza il cognitivismo fino agli anni ’70, stimolando ricerche sperimentali su modelli di funzionamento mentale sempre più sofisticati.
Negli anni ’70 comincia a farsi strada tra i cognitivisti una seconda concezione detta ecologica. Secondo l’impostazione ecologica è riduttivo considerare l’uomo come elaboratore di informazioni senza tenere conto delle relazioni che l’individuo intrattiene con l’ambiente esterno sia fisico che sociale. L’analogia con l’elaboratore elettronico ha portato a lavorare sempre di più sugli esperimenti in laboratorio, perdendo di vista quello che è il rapporto dell’uomo con il mondo esterno nella vita quotidiana. L’uomo è sì un elaboratore di informazioni ma va considerato sempre all’interno del suo ambiente perché è lì che acquisisce e elabora ed è lì che poi agisce comportandosi (Neisser 1976) .
Sia gli psicologi che aderiscono all’impostazione ecologica che quelli che aderiscono alla concezione dell’elaborazione umana dell’informazione (oggi chiamata scienza cognitiva) si riconoscono all’interno dell’orientamento cognitivista ed entrambe le concezioni sono tuttora attuali.
Coloro che aderiscono al filone della scienza cognitiva continuano a studiare le diverse funzioni psicologiche (linguaggio, pensiero, percezione, ecc….) attraverso il computer, mentre coloro che aderiscono all’impostazione detta ecologica si preoccupano di costruire teorie della personalità e sviluppare forme adeguate di psicoterapia per la cura della sofferenza psichica.

La corda sensibile - R.Magritte

La corda sensibile – R.Magritte

All’interno di questo secondo cognitivismo, orientato più in campo clinico che sperimentale, convivono punti di vista diversi sullo sviluppo e il mantenimento della sofferenza psichica ciò che è comune a tutti è il ritenere che la sofferenza o la salute psichica, siano in stretta relazione con il bagaglio di conoscenza di cui dispone l’individuo.
Per conoscenza si intende il modo in cui l’individuo entra in rapporto con se stesso e con l’ambiente che lo circonda e il significato che in relazione a questo attribuisce alle proprie emozioni e agli stimoli ambientali.
La conoscenza non coincide necessariamente con la consapevolezza e può essere attiva in un determinato momento solo in maniera inconsapevole o automatica. Per questo i cognitivisti parlano di sistema profondo di significati e attribuiscono importanza ai processi attraverso i quali la conoscenza viene elaborata.
Data la quantità e diversità dei punti di vista (si parla oggi di circa venti forme diverse di terapia cognitiva), accennerò soltanto ai momenti che ne hanno caratterizzato lo sviluppo in generale e ai principali orientamenti del cognitivismo clinico italiano.

(segue)

Storia della psicologia – Il Cognitivismo – Ulrich Neisser – (18)

Ulric Neisser

Ulric Neisser

Il cognitivismo nasce in opposizione al comportamentismo: il suo nome iniziale era ceno-comportamentismo. Non è esattamente una scuola, almeno non nel senso in cui lo erano lo strutturalismo, il comportamentismo o la psicologia della gestalt.
Abbiamo visto che il comportamentismo cercava di spiegare il comportamento umano come il risultato di apprendimenti e condizionamenti avvenuti a partire dall’infanzia, con completo disinteresse per i processi mentali che avvengono nell’individuo che questa impostazione aveva ridotto sempre di più il campo di indagine della psicologia..

Negli anni ’50 molti psicologi, alcuni dei quali provenienti anche dal comportamentismo, si resero conto che era necessario capire ciò che avviene nell’organismo tra il momento in cui è sottoposto ad uno stimolo ambientale e il momento in cui esso risponde a questo stimolo.
A questo scopo risultavano utili la teoria dell’informazione (presa a prestito dalla matematica) e la cibernetica (scienza nata insieme agli elaboratori elettronici, che studia i processi di controllo e di comunicazione nei sistemi complessi come le macchine, gli organismi e le società).

Gli elaboratori elettronici sono stati considerati fin dall’inizio come modelli del cervello umano, per questo erano anche chiamati cervelli elettronici.
Come il cervello umano essi possono ricevere informazioni, dall’esterno (nell’uomo questo corrisponde alla percezione), elaborarle, codificarle e memorizzarle, per recuperarle in seguito per la risoluzione di problemi (nell’uomo questo corrisponde al pensiero).
Sembrava possibile simulare le funzioni del cervello umano con l’aiuto degli elaboratori. Si potevano formulare ipotesi sul funzionamento cerebrale, trasformarle in un programma per l’elaboratore e paragonare poi le prestazioni della macchina con quelle di alcuni soggetti sperimentali. Se le prestazioni dei soggetti sperimentali e quelle dell’elaboratore risultavano simili tra loro, si consideravano le ipotesi iniziali valide e il programma poteva essere considerato come un corrispondente dei processi mentali dell’individuo.image

Se il libro Piani e strutture del comportamneto è considerato una pietra miliare della psicologia cognitiva, è il libro di Ulrich Neisser Psicologia cognitiva del 1967 a dare un nome al nuovo movimento e forma scritta alle nuove concezioni.

Il cognitivismo segna una decisa rottura con la tradizione comportamentista, aleno per quanto riguarda il campo sperimentale che è oggi quasi completamente in mano ai cognitivisti.

Storia della psicologia – Jean Piaget – L’epistemologia genetica (17)

imageLo sviluppo dell’intelligenza può essere visto come una successione di stadi in cui si alternano fasi di assimilazione e accomodamento, che possono essere così suddivisi:
1) periodo dell‘intelligenza sensomotoria che va dalla nascita a due anni di vita:
2) periodo di preparazione alle operazioni concrete e della loro organizzazione, che si suddivide in due periodi:
a) periodo dell’intelligenza preoperatoria, dai 2 ai 6 anni di vita,
b) periodo delle operazioni concrete, dai 7 agli 11/12 anni;
3) periodo delle operazioni formali.

Periodo sensomotorio. Il bambino possiede alla nascita soltanto una serie di riflessi (suzione, pianto, prensione, ecc..), non ha alcuna consapevolezza della distinzione tra sè e mondo esterno (egocentrismo) e non è in grado di pensare ed evocare le persone o gli oggetti in loro assenza. E’ nel corso del periodo sensomotorio che egli passa gradualmente da azioni riflesse ad azioni dirette ad uno scopo, alla costruzione dell’oggetto permanente (è la capacità di ritrovare un oggetto anche se nascosto, ovvero gli oggetti e le persone esistono anche se non si vedono o non si sentono) ed è in grado di stabilire semplici nessi di causa-effetto.
L’intelligenza sensomotoria è un’intelligenza di natura pratica, cioè diretta a conseguire risultati e non a scoprire meccanismi di funzionamento, risolve quindi una serie di problemi, come il raggiungere oggetti lontani, o nascosti. Sono problemi risolti attraverso la percezione e il movimento, senza che intervengano i pensieri.
Al compimento dell’intelligenza sensomototira, il bambino ha acquisito in senso pratico le nozioni di oggetto, spazio, movimento, causa, tempo.
Al decentramento cognitivo corrisponde sul piano affettivo la differenziazione tra l’io e il mondo.

Nel periodo preoperatorio, compare una funzione fondamentale per l’evoluzione delle ulteriori condotte. E’ una funzione che consiste nel poter rappresentare qualcosa (un significato, un oggetto, un avvenimento), attraverso un simbolo che serve solo per questa rappresentazione: è la funzione del linguaggio.
Anche il pensiero preoperatorio è caratterizzato dall’egocentrismo: il bambino non è in grado di considerare il punto di vista dell’altro e di considerare il suo punto di vista come uno dei tanti possibili.Se gli viene mostrata una scatola di caramelle e gli viene chiesto di dire cosa penserebbe di trovarci dentro un suo amichetto, il bambino fino a circa quattro anni risponderebbe “delle biglie”, senza tenere conto che il suo amichetto non possiede ancora questa informazione.
L’intelligenza che predomina in questo periodo è detta preconcettuale, perché i concetti hanno un’esistenza indipendente e vengono collegati tra loro da semplici somiglianze. Ad esempio il bambino confonde tra papà e uomo ed è portato ad affermare che tutti gli uomini sono papà-
A partire dai 4 anni, c’è uno sviluppo più intenso dell’attività concettuale, anche se l’intelligenza è sempre prelogica. Un esempio è dato dall’esperienza sulla conservazione della quantità di sostanze: di fronte a due recipienti che contengono la stessa quantità di acqua, di cui uno è alto e stretto e l’altro basso e largo, il bambino sarà portato ad affermare che è quello alto a contenere la maggiore quantità di acqua. Egli comprende che un recipiente è più alto e stretto, ma non coordina le due trasformazioni di altezza e larghezza subite dall’acqua con il travaso.. Solo quando metterà in relazione l’aumento dell’altezza con la diminuzione dello spessore, arriverà a comprendere che la quantità di acqua è rimasta immutata.

Il periodo delle operazioni concrete segna un grosso progresso nella socializzazione e nell’oggettivazione del pensiero. Il bambino diventa capace di decentramento, cioè non è più limitato dal suo punto di vista, può coordinare parecchi punti di vista e trarne delle conseguenze. E’ in grado di eseguire operazioni su quantità fisiche quali le lunghezze, le distanze, le superfici, il peso, la durata, la velocità.
In campo sociale prende coscienza del suo pensiero, di quello degli altri, si moltiplicano i rapporti sociali prima concentrati sui familiari.

Nel periodo delle operazioni formali, l’adolescente è in grado di ragionare per ipotesi, di esaminare l’insieme dei casi possibili e di considerare il reale come un semplice caso particolare. E’ in grado di ragionare su situazioni che non sono presenti in quel momento o che sono semplicemente possibili, infine diventa capace di riflettere sui propri processi di pensiero, capacità che rappresenta per Piaget il completamento dello sviluppo cognitivo.

L’età cronologica in cui si presentano il funzionamento senso-motorio, concreto o formale proposta da Piaget, è solo orientativa, molte variabili possono influire su di essa: l’intelligenza, l’esperienza precedente, l’ambiente in cui il bambino cresce e così via. Non tutti gli individui poi raggiungono i livelli più avanzati di sviluppo, sia in culture diverse, che all’interno della stessa cultura. Può succedere ad esempio che gli adulti presentino un pensiero adulto in alcune aree e non in altre e funzionino a livello sensomotorio in alcuni compiti e a livello formale in altri.
Ma anche se la trasformazione del pensiero non avviene sempre in modo lineare e le stimolazioni socio-culturali e le esperienze del bambino possono modificare l’iter evolutivo, resta comunque immutato l’ordine con cui gli stadi si susseguoo.

L’importanza del lavoro di Piaget è stato riconosciuto a livello internazionale solo a partire dagli anni ’60, quando negli Stati Uniti il comportamentismo cominciava a perdere credibilità e il lavoro di Piaget si prestava a rappresentare il bisogno di cambiamento che si sarebbe concretizzato nel cognitivismo.

Vittorio F.Guidano – Psicoterapia cognitiva post-razionalista – FrancoAngeli – 2007

Guidano

Una ricognizione dalla teoria alla clinica

Il libro è un’opera postuma di Vittorio F.Guidano (1944-1999). E’ un libro per “addetti ai lavori”.

Il testo si compone di due parti-Nella prima parte Guidano espone in maniera sintetica, semplice e interlocutoria la teoria e la pratica della psicoterapia postrazionalista da lui stesso costruita. Si tratta della trascrizione di un lungo seminario tenuto in Cile nel 1997, preparato proprio per essere trascritto e utilizzato con gli studenti sudamericani.

In sintesi Guidano con quello che chiamerà post-razionalismo, concepisce un tipo di psicoterapia successiva (post-) alle terapie cognitiviiste standard (razionaliste dei cognitivisti Beck ed Ellis per intendersi), in cui l’emozione ha un ruolo primario rispetto alla cognizione , e il ruolo della psicoterapia è quello di dare coerenza alla sofferenza psichica all’interno dell’organizzazione di significato del paziente.

Guidano afferma che l’uomo è un sistema essenzialmente chiuso che vive all’interno di una realtà del tutto personale di cui una parte importante è costituita dal proprio senso di identità personale e l’elaborazione delle informazioni, sia dall’esterno che dall’interno, è finalizzata al mantenimento di questa identità. Il compito della psicoterapia è appunto quello di ricostruire le esperienze problematiche da diversi punti di vista, per reintegrarle in una visione aggiornata della propria identità personale.

La teoria post-razionalista è stata espressa già nei due testi tradotti in italiano : La complessità del se’ e Il se’ nel suo divenire, testi per altro di non facile lettura. In questa pubblicazione invece Vittorio Guidano espone la sua teoria in maniera semplice e interlocutoria, nel modo chiaro e coinvolgente che ha conosciuto chi lo ha ascoltato alle lezioni o ai convegni. Gli esempi clinici e i rimandi ai principi teorici del post-razionalismo ci danno il senso dell’evoluzione del suo pensiero .

E’ sicuramente un libro adatto a chi si avvicina per la prima volta al post-razionalismo, ma anche a chi vuole approfondirlo proprio perché l’esposizione dei principi teorici corredata di continui esempi clinici rende il libro particolarmente esplicativo.

Nella seconda parte Alvaro T: Quinones ricercatore, allievo collaboratore e amico di Vittorio Guidano, arricchisce il testo di note e commenti. Le note chiariscono e sviluppano alcuni concetti e risalgono il percorso effettuato da Guidano per impostare la teoria consentendo una lettura comprensibile del testo anche a chi si avvicina per la prima volta al post-razionalismo.

Oltre al valore culturale e scientifico il libro ha poi un grosso valore sul piano affettivo sia per chi Guidano lo ha conosciuto ed è stato suo allievo, sia per chi non ha avuto questa fortuna ma si è avvicinato ugualmente al post-razionalismo. E’ un po’ come se andasse a chiudere il discorso rimasto in sospeso con la sua morte improvvisa.

Vittorio F. Guidano – Psicoterapia cognitiva post razionalista.Una ricognizione dalla teoria alla clinica. FrancoAngeli, Roma, 2007