L’autostima

L’autostima

La Tomba dei lottatori . Renè Magritte

Che cos’è?

L’autostima è la valutazione positiva o negativa che un individuo può fare di se stesso, il giudizio sistematico e approfondito delle proprie caratteristiche e competenze personali. Il livello di autostima è influenzato, anche se non sempre, dai successi o dagli insuccessi nel raggiungimento di obiettivi importanti nella vita,  soprattutto quando i successi o gli insuccessi sono valutati dalla persona come dipendenti da sue caratteristiche interne.

L’autovalutazione può comportare degli errori sia come sopravvalutazioni che come sottovalutazioni delle caratteristiche personali.

L’autostima si abbassa per esempio durante gli stati di depressione dato che in quei momenti l’individuo tende a disprezzarsi e svalutarsi e aumenta invece negli stati di euforia, momenti in cui l’individuo tende a sopravvalutarsi.

Nell’autovalutazione l’oscillazione è tra due bisogni: quello di conoscersi e prendere atto delle proprie reali caratteristiche e potenzialità, e quello di piacersi cioè di sapere che si è competenti, intelligenti, buoni, bravi….Questi due bisogni possono anche non essere in armonia.

Il bisogno di conoscersi è condizionato dalle idee che già abbiamo di noi stessi. Dal momento che la nostra mente è attiva e selettiva, prestiamo maggiore attenzione a ciò che conferma quello che già pensiamo di noi sia in senso positivo che negativo: chi pensa di non essere attraente darà più importanza alle informazioni che gli confermano questa opinione e tenderà a trascurare tutte le altre, oppure chi pensa di essere intelligente troverà più facilmente argomenti che gli confermano questo dato piuttosto che il contrario. Circondarsi di persone che confermano l’opinione che abbiamo di noi stessi (anche se negativa) aiuta ulteriormene a mantenere una certa stabilità nel livello di autostima.

Una buona autostima serve a volersi più bene e ad avere più fiducia in se stessi.

Sentire compromessa o in pericolo la propria immagine sociale o la propria autostima provoca vergogna. Anche altre emozioni sgradevoli come l’ansia o il senso di colpa possono essere legate all’abbassamento del livello dell’autostima. Un basso livello di autostima è perciò fonte di sofferenza e comporta una minore fiducia in se stessi, per questo utilizziamo molte strategie per mantenere l’autostima a un livello accettabile e stabile.

Tanto per cominciare cerchiamo di selezionare le aree in cui valutarci positivamente, non è infatti importante che una valutazione sia molto positiva o molto negativa per intaccare il nostro livello di autostima, quanto che avvenga in un settore in cui consideriamo molto importante riuscire. La selezione avviene ovviamente secondo criteri che ci favoriscono: cerchiamo innanzitutto di valutare realisticamente quali sono i nostri potenziali punti di forza (l’attività sportiva, lo studio, l’aspetto fisico,…..) e poi li consideriamo importanti. Questa strategia è limitata dal fatto che molte aree di importanza vengono stabilite precocemente all’interno delle proprie relazioni significative quando ancora non siamo in grado di valutare se abbiamo quelle specifiche competenze (prendiamo l’esempio di una famiglia in cui i genitori hanno il mito della cultura e il figlio invece sembra più portato per l’attività fisica o viceversa).

Una seconda strategia consiste nel selezionare più o meno consapevolmente quelle informazioni o quei ricordi che forniscono valutazioni positive: fare attenzione agli elogi degli altri e non alle critiche, ricordarsi le cose andate bene e non quelle andate male.

Una terza strategia è quella per cui tendiamo ad attribuirci la responsabilità dei successi e a scaricare sugli altri quella degli insuccessi. Quando questo non è proprio possibile e l’insuccesso è indubitabilmente dovuto a noi, ci giustifichiamo con noi stessi facendo riferimento a fattori contingenti come la stanchezza, lo scarso impegno o la mancanza di concentrazione, piuttosto che a fattori di base come la capacità o l’intelligenza.

A volte la strategia è addirittura preventiva e costruiamo le condizioni che non favoriscono il successo (non aprendo libro per esempio pur sapendo che sarò interrogato), in modo da poter far risalire a quelle la causa dell’insuccesso e non alla nostra capacità o intelligenza cosa che invece influirebbe sul livello di autostima (se per esempio mi impegno molto nello studio e nonostante ciò l’interrogazione va male mi devo quanto meno chiedere se non sono per caso un incapace).

Si potrebbe obiettare che le strategie non valgono per chi tende a mettere in pratica manovre contrarie per esempio dare più peso alle critiche che non alle lodi, oppure sopravvalutare i propri difetti più che i propri pregi e via dicendo. In questi casi vale anche il discorso della stabilità. Chi tende alla bassa autostima cerca di difenderla al pari di chi tende ad una alta autostima sia perché questo permette di mantenere più stabile il proprio senso di identità, sia perché avere una bassa autostima è meglio che avere un’autostima incerta o rischiare di mettere a repentaglio anche quella. I dati che smentiscono la bassa autostima creano in effetti disagio perché inducono la persona che si stima poco a farsi illusioni su di sé e quindi a rischiare la delusione. E’ meglio mantenersi su un livello di autostima bassa ma stabile, piuttosto che oscillare tra illusioni e delusioni.

Queste sono le strategie più comunemente usate per mantenere un livello di autostima accettabile e il più possibile stabile. Resta da capire come mai le persone hanno un’autostima bassa o alta.

Il livello di autostima è in effetti il risultato del rapporto tra la valutazione che facciamo di noi e le aspirazioni che abbiamo cioè del rapporto tra come siamo e come vorremmo essere, più i due aspetti sono distanti e più il livello di autostima è basso.

Anche qui le relazioni con le nostre figure di attaccamento hanno un ruolo nell’indirizzarci verso la costruzione di un’autostima bassa o alta .

Il modo in cui i genitori valutano il figlio sarà il modo con cui comincerà a valutarsi da solo e se saranno troppo severi e poco disponibili, si convincerà di non essere all’altezza della situazione e di doversi guadagnare la valutazione positiva degli altri per sentirsi accettato.

La tendenza all’alta autostima è piuttosto legata ad esperienze precoci positive con genitori affettuosi e rassicuranti che hanno fiducia nelle capacità del figlio e lo manifestano affidandogli le responsabilità che in base all’età il bambino è in grado di sostenere riconoscendone comunque insuccessi ed errori,.

Anche le prime esperienze sociali hanno un peso nel rafforzare la tendenza all’autovalutazione positiva o negativa. Le aspettative degli insegnanti per esempio influenzano le prestazioni dello studente e la sua fiducia in se stesso, ma anche il gruppo-classe può avere un ruolo: iniziare le elementari con un anno di anticipo per esempio significa trovarsi in classe con bambini più grandi anche se solo di pochi mesi. Quei pochi mesi possono significare per esempio non riuscire a comprendere subito concetti che invece vengono compresi dagli altri, oppure più avanti sviluppare in ritardo rispetto agli altri questo può stimolare sentimenti di inferiorità o quanto meno la sensazione di essere più lento degli altri. Trovarsi in classe con bambini più piccoli può avere effetti opposti.

Il livello di autostima non è una cosa data una volta per tutte ma può aumentare o diminuire continuamente. Il suo grado di stabilità è dato soprattutto dall’importanza che viene data ai singoli eventi. Chi mette in discussione la propria autostima ogni volta che ha un successo o un fallimento, avrà un livello di autostima abbastanza fluttuante coerentemente con le cose che gli accadono. Se invece un successo o un fallimento vengono considerati in maniera circoscritta, il livello di autostima si manterrà più stabile e non sarà sufficiente un singolo evento positivo o negativo per innalzarla o abbassarla.

La tendenza a utilizzare l’una o l’altra di queste strategie è legata alla storia individuale. Chi non ha potuto farsi un’idea realistica delle proprie caratteristiche personali sarà più dipendente dal contesto e dall’esperienza del momento e avrà un livello di autostima sempre abbastanza instabile.

Il benessere psicologico è legato ad un buon livello di autostima generale (la sensazione generale di valere come persona), mentre il successo è più legato all’autovalutazione positiva in un’area specifica ( amore, lavoro, sport,…), i due aspetti possono coesistere ma possono anche essere indipendenti: una persona può avere molto successo per esempio nel lavoro e avere una bassa autostima generale quindi essere ugualmente insoddisfatto di sé o viceversa avere un successo mediocre e stimarsi invece molto.

Un’alta autostima sembra migliore di una bassa autostima, purché sia realistica altrimenti espone ad un alto rischio di fallimenti.

L’opinione degli altri ovvero la stima, ha naturalmente il suo peso. La stima e l’autostima possono non coincidere e noi potremmo valutarci diversamente da come ci valutano gli altri.

La vergogna – Cos’è e a cosa serve?

Che cos’è la vergogna?

Il maestro di scuola - Renè Magritte

Il maestro di scuola – Renè Magritte

La vergogna è un’emozione dolorosa che provoca uno stato di sofferenza profonda nell’individuo che la prova. E’ un’emozione universale, legata soprattutto ai rapporti con gli altri e con la società ed è quasi impossibile da evitare.

La vergogna nasce dalla paura di perdere la faccia (di fare brutte figure) o dal dispiacere per averla già persa. Quando ci vergogniamo infatti temiamo di non riuscire o siamo dispiaciuti per non essere riusciti a dare agli altri e a noi stessi una buona immagine di noi.

Ogni volta che ci capita di non riuscire a mantenere l’immagine sociale e l’autostima ad un livello adeguato, noi proviamo vergogna. Si ritiene che sia proprio questo sentimento ad avvertirci che è stata o è possibile che venga compromessa la nostra immagine sociale o la nostra autostima . E’ per non doverci vergognare che spesso decidiamo di fare o non fare una certa cosa.

Ci sono situazioni che provocano vergogna probabilmente in tutti gli esseri umani, come inciampare per strada, avere il vestito sporco, o avere un grave difetto fisico. A parte queste, la vergogna non è provocata da qualsiasi tipo di valutazione negativa. Ognuno di noi ha delle aree personali in cui è più vulnerabile alla vergogna. Una persona può vergognarsi per aver perso una gara sportiva e un’altra no. Uno studente può vergognarsi di aver fatto male un compito in classe e un altro no. Ciò di cui ci si vergogna dipende dall’immagine che si vuole mostrare agli altri e a se stessi. Per questo proveremo vergogna per aver perso la gara sportiva soltanto se ci sembra importante essere giudicati bravi atleti. Inoltre di certe mancanze ci si vergogna solo con certe persone e di altri con altre; non ci si vergogna di tutto con tutti.

Ma la vergogna e le sue manifestazioni, hanno importanti funzioni a livello sociale. Chi si vergogna mostra di condividere certe regole anche se le ha momentaneamente infrante e questo ha la funzione di riaffermare le norme e i valori del gruppo. Un ragazzo per esempio, non si vergogna con gli amici di non portare la cravatta, perché questo non rientra nelle norme che regolano il suo gruppo, quindi il “portare la cravatta” non sarà rafforzato da questo, mentre invece si vergogna di non portare l’orecchino se tutti gli altri lo portano. Il vergognarsi dimostra che egli riconosce questa regola la considera importante e si rende conto di non averla rispettata

Una volta entrati nello stato d’animo della vergogna proviamo un forte desiderio di scomparire, di nasconderci, di fuggire. A questa sensazione interiore corrispondono sul piano espressivo soprattutto due reazioni: il rossore e la postura a testa bassa.  Sono comportamenti involontari che hanno l’effetto immediato di ridurre al minimo ogni forma di contatto e di interazione con gli altri. Sono segnali di sottomissione, soggezione, il cui scopo principale è probabilmente quello di informare gli altri che ci si vergogna e chiedere comprensione (di non essere puniti o emarginati troppo). Se ci capita di infrangere il codice stradale (per esempio per un sorpasso in curva) e veniamo colti sul fatto dalla polizia, l’atteggiamento e le sanzioni nei nostri confronti saranno probabilmente diverse se ci mostreremo mortificati per la violazione fatta e ne riconosceremo la gravità, o se cercheremo di negarla o sminuirla.

Certe volte, la sofferenza che si prova quando viene avvertita una perdita nei livelli di stima e autostima non è data soltanto dalla vergogna per il fatto contingente, ma anche dalla vergogna di vergognarsi il che aumenta notevolmente il dolore del vissuto emotivo: in questi casi chi si vergogna cerca di fare il possibile perché la sua emozione non venga percepita dagli altri, perché c’è anche il rischio di diventare oggetto di derisione più o meno manifesta e più o meno bonaria e quindi di provare ulteriore vergogna. Perché?

E’ opinione comune che la vergogna, frequente nell’età evolutiva soprattutto durante l’adolescenza, sia disdicevole nell’adulto. Questo perché è un’emozione considerata come sintomo di insicurezza e paura, di eccessiva dipendenza dal giudizio altrui e di scarse competenze sociali. Il mostrare vergogna inoltre, fa pensare a una certa incapacità di controllo sulle proprie emozioni, è perciò considerata in generale un segnale di immaturità.

Ci vergogniamo di vergognarci allora perché il mostrare vergogna attira l’attenzione degli altri su di noi e sul nostro difetto o sulla nostra gaffe e ne aggrava magari le conseguenze, perché preferiremmo preoccuparci meno del giudizio degli altri, e perché sappiamo che il vergognarsi è considerato segnale di insicurezza e immaturità.

Per gli stessi motivi ci capita di provare vergogna per gli altri e se percepiamo che la persona con cui stiamo parlando sta provando vergogna, fingiamo di non essercene accorti: vergognarsi è un’esperienza penosa sia per chi la prova sia per chi ne è testimone.

Al di la di questo la vergogna resta un’emozione umana, sociale che anche nell’eta adulta e tra le persone adeguatamente sensibili al giudizio altrui, spessonon pu; essere evitata.