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A favorire le origini dell’attuale cognitivismo clinico, sono stati i contributi di autori provenienti dal comportamentismo, dalla psicoanalisi e dal costruttivismo come George Kelly.

image Prima ancora che si parlasse di cognitivismo, alcuni autori formularono ipotesi cliniche che si sarebbero rivelate precorritrici del successivo sviluppo cognitivista.
Uno di questi è stato George A.Kelly (1905-1967) che nel 1955 pubblica un testo (The Psychology of Personal Constructs) che anticipa i principi del cognitivismo.
Il dibattito scientifico contrapponeva in quel periodo le teorie di impostazione psicoanalitica alle teorie di impostazione comportamentista ma entrambe le scuole di pensiero, anche se da punti di vista completamente diversi, avevano in comune una visione dell’uomo come soggetto tendenzialmente passivo: determinato dalle pulsioni per la psicoanalisi, dai rinforzi ambientali per i comportamentisti.
Kelly ribalta questo punto di vista e considera l’uomo come costruttore attivo della propria realtà: il nostro contatto con la realtà non è mai libero da interpretazioni personali e allora possiamo soltanto fare ipotesi su ciò che la realtà è e poi verificare l’applicabilità o meno delle nostre ipotesi.
Il fine ultimo dell’essere umano è di aumentare la prevedibilità degli eventi, cioè le proprie capacità previsionali. Il modo in cui l’essere umano anticipa gli eventi, condiziona le sue attività.
L’unità elementare attraverso la quale è possibile fare previsioni è il costrutto che è una struttura dicotomica bipolare in cui i poli sono opposti secondo criteri psicologici quindi del tutto personali.
Molti costrutti sono verbali e consapevoli altri sono preverbali (in quanto costruiti nella prima infanzia, prima dell’acquisizione del linguaggio) e influiscono in maniera inconsapevole nel dirigere le esperienze dell’individuo: per esempio quando si evitano o si ricercano certe situazioni, apparentemente senza motivo.
I costrutti si organizzano in strutture di significato, in cui i costrutti centrali sono riferiti al sé, che si sviluppano e si modificano nel corso del tempo. Si ha una costruzione nevrotica della realtà quando si continuano ad utilizzare le stesse ipotesi previsionali nonostante queste si siano dimostrate fallimentari (per esempio si evita di prendere l’ascensore per paura di rimanere intrappolati nonostante non sia mai capitato).

(segue)