Il sogno (II parte)

Beautiful world - Renè Magritte

Beautiful world – Renè Magritte

Come svelare il mistero del sogno?

Il sogno viene messo in scena in base ad una serie di processi, che hanno caratteristiche peculiari (C.Lalla 1990).

Secondo il primo processo un elemento concreto può rappresentare un elemento astratto con cui è in relazione: l’immagine del padre ad esempio può rappresentare la maturità, un’automobile può rappresentare la velocità e così via.

Lo stesso vale per il contrario (secondo processo): un elemento concreto può essere rappresentato da uno astratto. Così un’atmosfera di pericolo sostituisce nel sogno l’oggetto o l’evento che sono costruiti come pericolosi.

Un terzo processo si ha quando un elemento ne rappresenta un altro con cui ha alcuni aspetti in comune. Se prendiamo ad esempio il cavallo e la tigre: entrambi possono essere considerati come attraenti e selvaggi, anche se la tigre può essere considerata molto pericolosa, mentre il cavallo può essere addomesticato.

Il quarto processo si manifesta per analogia. Poniamo il caso di una donna sposata che considera la relazione con il marito come molto simile a quella che aveva con il padre: ella potrà sognare di essere sposata al padre.

Il quinto processo si ha quando una parte di un tutto rappresenta il tutto: un mobile per esempio può rappresentare una stanza.

Il sesto processo lavora in direzione opposta: il tutto viene rappresentato nel sogno per intenderne una sua parte. Un luogo geografico può rappresentare simbolicamente lo spirito dei suoi abitanti.

Attraverso il settimo processo vengono rappresentati elementi che ne simboleggiano altri a cui sono in qualche modo legati: sognarsi con i capelli in disordine o acconciati male, può evidenziare un’insoddisfazione per esempio, per le proprie caratteristiche mentali.

Nell’ottavo processo l’immagine onirica viene messa in scena per assonanza, così il senso di frustrazione può essere rappresentato dall’immagine di venir frustati.

Nel nono processo un elemento ne rappresenta un altro che ha la stessa denominazione: la suora può sostituire la sorella, il pagare l’espiare, ecc..

Nel decimo processo l’immagine è la rappresentazione alla lettera di una metafora. Il sentirsi feriti nell’animo per le parole di qualcuno può diventare nel sogno l’immagine di un cane che morde all’altezza del cuore.

Questi dieci processi corrispondono in termini cognitivi a ciò che Freud aveva chiamato spostamento.

Un altro processo che segue il sogno, che nella terminologia di Freud si chiamava condensazione, è quello per cui due elementi simili nella realtà possono dar luogo a due immagini fuse nel sogno (se per esempio nel pensiero del sognatore c’è l’idea che due amici hanno in comune un difetto o una qualità, le loro due immagini possono risultare fuse nel sogno).

Le immagini oniriche sono il risultato dell’operare di uno o più di questi processi.

Secondo Freud il mascheramento delle reali immagini del sogno era necessario per eludere la censura psichica e permettere una via di accesso alla coscienza a contenuti rimossi perché inaccettabili, senza disturbare il sonno. Questo punto di vista non è oggi più proponibile per tanti motivi il più importante è che oggi non si può più pensare all’apparato psichico come governato soltanto dalla tendenza a ridurre le tensioni e esaudire desideri. Come ha già detto (vedi I parte), il sogno è considerato oggi come il modo in cui funziona l’intelligenza durante il sonno.

Il sogno è la realizzazione allucinatoria di un desiderio allo stesso modo in cui lo può essere una fantasia ad occhi aperti. Se poi il sogno evidenzia aspetti che la persona non riconosce come propri, la sua attenta lettura può facilitarne la consapevolezza, così come può facilitare il riconoscimento di mete personali represse e di sentimenti inconsapevoli.

Per interpretare adeguatamente un sogno, la prima cosa da fare è ovviamente di ricordarlo e trascriverlo. Molti non ricordano di aver sognato quando si svegliano, ma sembra che questo sia solo un problema di allenamento. Quando cominciamo ad avere interesse ai sogni cominciamo anche a ricordarli, più lo facciamo e più ce li ricordiamo.

La seconda cosa da fare è chiederci che tipo di emozione abbiamo provato nel sogno, quando ci siamo svegliati e mentre lo trascrivevamo.

Le emozioni hanno una parte importante perché sono l’unico aspetto del sogno che rappresenta solo se stessa: un’immagine può rappresentarne un’altra, un’emozione invece no. Per questo l’emozione del sogno rappresenta una importante chiave di lettura. Se ci siamo sognati in ansia ad esempio questo ci indirizza a cercare cosa ci faceva sentire così nel sogno e se questo ci ricorda qualcosa della vita reale.

E’ necessario poi focalizzare l’attenzione sugli stati d’animo e i pensieri con i quali ci siamo addormentati e quali esperienze importanti abbiamo fatto il giorno prima e anche queste da quali pensieri, emozioni e sentimenti sono state accompagnate. Abbiamo già detto che le vicende del giorno prima possono aver avuto un peso nella costruzione del sogno.

Analizziamo poi le immagini del sogno (tenendo presenti i dieci processi che abbiamo elencato), facendo attenzione alle caratteristiche dei personaggi del sogno e alle relazioni stabilite con loro nonché alla storia del sogno e ai luoghi in cui è ambientato. Le figure del sogno possono rappresentare sia persone e cose che caratteristiche personali. Quanto più tali figure sono lontane dalla nostra quotidianità o quanto più hanno caratteristiche irreali, tanto più è probabile che rappresentino caratteristiche personali.

E’ possibile che facendo un’analisi sistematica dei nostri sogni ci rendiamo conto che ognuno di noi tende a utilizzare dei simboli privilegiati.

I sogni ricorrenti in genere riflettono la presenza di problemi insoluti. Un cambiamento avvenuto nel sogno può significare un cambiamento reale in atto.

 

Il sogno (I° parte)

Il sogno - Renè Magritte

Il sogno – Renè Magritte

Il sogno va letto o interpretato?

Il sogno è una particolare attività mentale che si svolge durante il sonno e di cui è possibile mantenere il ricordo al risveglio attraverso le immagini, i pensieri le emozioni che lo hanno caratterizzato. E’ evidente a tutti noi che le leggi che regolano il sogno sono molto diverse da quelle che regolano l’attività mentale diurna soprattutto i rapporti di causa-effetto, i concetti di spazio, tempo e identità sembrano sfuggire a tutte le regole della coerenza.

Il sonno è uno stato fisiologico in cui i rapporti sensoriali e motori con l’esterno sono interrotti. Si manifesta in due forme: una caratterizzata da rapidi movimenti oculari, chiamata sonno REM (Rapid Eye Movements), l’altra caratterizzata da assenza di movimento oculare, detta non-REM. Durante il sonno si alternano stati di sonno REM e NREM a intervalli regolari: il ciclo completo dura nell’uomo circa 90 minuti. Noi sogniamo prevalentemente durante il sonno REM. Il sonno REM e il sogno coprono il 20-25% della durata del sonno.

Sul piano fisiologico l’attività delle nostre cellule cerebrali durante il sogno è la stessa dello stato di veglia, cioè il nostro cervello è attivo esattamente come quando siamo svegli, mentre i nostri muscoli sono completamente passivi. Il fatto che il nostro cervello rimanga attivo, può spiegare, sul piano fisiologico, perché i sogni sono spesso movimentati e vi si susseguono continuamente inseguimenti, cadute e fughe. Il completo rilassamento dei muscoli è invece all’origine, sempre considerando solo l’aspetto fisiologico, di altre sensazioni. Tale rilassamento avviene a volte in maniera così rapida e totale da causare le sensazioni di cadere o di volare che capitano spesso nei sogni. Per lo stesso motivo capita a volte di volerci muovere durante il sogno e di non riuscire a farlo. Se i nostri muscoli non fossero in uno stato di passività noi tenderemmo a muoverci in base alle immagini del sogno: gesticolare, camminare o magari gettarci nel vuoto, piuttosto che stare fermi dentro il letto.

Nel sogno in genere le emozioni sono molto intense e ne possono causare l’interruzione. L’ansia, la paura e la sorpresa sono le emozioni che più facilmente vengono amplificate, mentre la depressione, la vergogna e la colpa compaiono meno.

Abbiamo detto che nel sogno tutte le regole naturali sono infrante e tempo, luoghi e persone possono essere messi in scena in maniera bizzarra. Nonostante ciò, mentre sogniamo consideriamo normali tutte le cose che vediamo e sentiamo, anche le più assurde.

I sogni sono caratterizzati prevalentemente da immagini visive e un pò meno da sensazioni uditive, tattili e cinestesiche. Il gusto e l’olfatto intervengono più raramente e quasi mai riferiamo sensazioni di dolore anche se nel sogno ci può capitare di vivere situazioni drammatiche e subire danni fisici.

Tutti i mammiferi sognano.

Tutti siamo interessati a capire i sogni, o perché ci affascinano, o perché ci spaventano. Per alcuni di noi essi possono rappresentare un’evasione dalla vita quotidiana, per altri possono rappresentare dei fantasmi da cui fuggire. In entrambi i casi condizionano la nostra vita.

Considerati messaggi di dei o demoni, nell’antichità i sogni venivano utilizzati come segnali per predire il futuro o come manifestazioni soprannaturali che potevano essere comprese soltanto con l’aiuto di oracoli.

Nel Medioevo il divieto imposto dalla Chiesa all’utilizzo di qualsiasi pratica per la predizione del futuro farà cadere i sogni in un oblio da cui usciranno soltanto nel Diciannovesimo secolo. In questo periodo Freud  imposta la sua teoria dell’apparato psichico e utilizza i sogni come canale privilegiato di accesso all’inconscio. Egli sosteneva che il sogno fosse un tentativo di appagamento mascherato di un desiderio inconscio rimosso perché inaccettabile.

Oggi la psicologia cognitivista spiega l’esistenza dei sogni in maniera diversa: non tanto mascheramento di desideri e fantasie inconsce o via privilegiata per accedere a dimensioni nascoste della personalità, quanto piuttosto uno dei modi attraverso cui si manifesta il proprio modo di essere e di mettersi in rapporto con il mondo circostante, una specie di presentazione della propria personalità. Per questo motivo il sogno va più letto che interpretato.

Il sogno è dunque una forma particolare di pensiero che avviene durante lo stato di sonno, la forma che assume l’intelligenza durante la notte dal momento che, come il cervello, rimane attiva anche se dormiamo. Attraverso il sogno manteniamo una certa continuità di esperienza nel passaggio dalla veglia al sonno. L’attività onirica sembra infatti contribuire al mantenimento del proprio equilibrio psicologico soprattutto nei momenti in cui eventi esterni o interni minacciano la nostra stabilità. In altre parole, i sogni contribuiscono a mantenere stabile il nostro senso di identità personale.

Persone private del sogno (svegliate in situazioni sperimentali all’inizio di ogni sogno), manifestano infatti, dopo alcuni giorni, segnali di scompenso psichico.

Oggi si pensa anche che un’altra funzione del sogno sia quella di confrontare esperienze attuali con esperienze passate e mettere in ordine le esperienze fatte durante il giorno in un momento in cui il cervello è più libero di farlo perché non costretto ad elaborare altri stimoli provenienti dall’esterno: una specie di aggiornamento dei documenti archiviati nella nostra memoria.

Il significato del sogno va perciò considerato all’interno di una specifica realtà che è quella della persona che lo ha generato.

Per questo motivo la psicologia cognitivista non parla di interpretazioni generali dei sogni, ma di interpretazioni in relazione alle caratteristiche psicologiche della persona che ha fatto il sogno e del momento di vita in cui è avvenuto.

Il sogno si costruisce utilizzando esperienze passate trasformate in immagini visive. Il passato può essere anche molto recente ed essere riferito al giorno prima del sogno. La scelta di quello che sarà il soggetto onirico viene fatta spesso durante la veglia, quando entriamo in contatto con oggetti che sono in una qualche relazione con i nostri pensieri più inconsapevoli.

Nel sogno, come nella veglia, esprimiamo il nostro modo di vedere noi stessi, il mondo, il futuro e gli altri.

Il contenuto dei sogni può non rivelare niente di nuovo rispetto a quello che viviamo da svegli. Non sempre però siamo consapevoli da svegli di alcuni aspetti importanti della nostra vita cosicché il sogno risulta utile per reindirizzare la nostra attenzione.

Psicoterapia e Bioetica

Gustav Klimt

Gustav Klimt

La psicoterapia rispetta i criteri bioetici?

La psicoterapia si muove all’interno di criteri bioetici? Cercherò di rispondere a questa domanda o meglio cercherò di convincerrvi del fatto che:”.. sì la psicoterapia rispetta i criteri bioetici..” forse alcune psicoterapie lo fanno più di altre, ma in generale direi sicuramente sì.

Faccio qualche premessa, definiamo innanzitutto il concetto di psicoterapia.

La psicoterapia è un trattamento terapeutico basato sull’utilizzo di metodi psicologici prevalentemente verbali (il colloquio), ma anche non verbali, per la cura o il miglioramento della sofferenza psichica. E’ un processo interpersonale in cui si stabilisce un rapporto di confidenza e fiducia tra psicoterapeuta e paziente, condizione principale per il buon esito di una terapia.

Lo scopo della psicoterapia viene concordato all’inizio e può andare dalla risoluzione di un sintomo o il raggiungimento di un obiettivo, ad un cambiamento più profondo nella struttura di personalità. Le strategie e le tecniche attraverso le quali si ottengono i miglioramenti o le guarigioni sono diverse a seconda del tipo di orientamento teorico a cui appartiene quel determinato psicoterapeuta. Esistono psicoterapie a orientamento psicoanalitico, comportamentale, cognitivo, relazionale, etc… per citare le più conosciute.

La psicoterapia può essere individuale, di coppia, familiare o di gruppo.

Detto questo possiamo passare ad analizzare una specifica prospettiva teorica di riferimento che secondo me è quella che più di altre rispetta i criteri bioetici che è la prospettiva cognitiva post razionalista.

La prospettiva cognitiva post razionalista considera l’individuo all’interno del suo contesto sociale con il proprio modo di essere all’interno di una complessa rete di relazioni. La comunicazione viene considerata come l’espressione della reciprocità emotiva che si viene a creare tra i protagonisti nel determinato momento in cui la comunicazione stessa avviene.

Facciamo un’altra premessa: è opinione comune che esista una realtà unica e oggettiva con un suo ordine e un suo significato e che sia possibile osservarla dall’esterno in modo imparziale e univoco. L’immediata conseguenza di questo è che se solo volessimo, potremmo tutti arrivare ad una comprensione comune e oggettiva delle cose e degli avvenimenti e che se questo non accade è solo per una incapacità personale ad essere obiettivi.

Risulta invece sempre più evidente, per altro grazie a studi convergenti da discipline molto diveerse tra loro, che non si può parlare di conoscenza della realtà in senso assoluto e imparziale ma che la conoscenza è sempre in relazione al soggetto che conosce.

La realtà non si può configurare allora come un’entità univoca esistente in sé, ma come un insieme di processi conoscitivi su di essa (uno per ogni individuo e ognuno valido e irriducibile), che continuamente si incontrano e si articolano.

Ogni processo di conoscenza della realtà aiuta a conoscere perciò: non già le particolarità dell’oggetto o del fatto percepito, ma le caratteristiche e il punto di vista della persona che la esprime.

Immaginiamoci per esempio due persone che hanno un contrasto, ognuna di loro racconterà il fatto secondo il proprio punto di vista, probabilmente diverso uno dall’altro e nessuno dei due corrisponderà alla verità, ma solo al personale vissuto rispetto ad essa. Anche un eventuale osservatore esterno non potrà che fare una lettura personale dell’episodio osservato.

Qualsiasi conoscenza ed esperienza è dunque sempre il risultato di una elaborazione personale e perciò prevalentemente soggettiva. Il fatto curioso è che invece, quando comunichiamo, quasi sempre o per lo meno molto spesso presupponiamo tacitamente che chi ci sta di fronte sia come noi, e che interpreterà come noi il messaggio che gli stiamo trasmettendo. Ci meravigliamo poi quando ci rendiamo conto per esempio di essere stati fraintesi.

Poiché non esiste un ordine esterno predefinito, ogni individuo deve evidentemente fare riferimento ad un proprio ordine interno personale, a quella che noi cognitivisti chiamiamo organizzazione di significato personale. E’ quella organizzazione che permette di costruire e mantenere stabile nel tempo il proprio senso di sé (cioè l’immagine consapevole di sé, il proprio senso di identità personale), e di selezionare volta per volta e dare maggior rilievo nel nostro vivere quotidiano a quelle esperienze e a quelle relazioni che meglio ci permettono di mantenere questa stabilità interiore.

L’organizzazione di significato personale si costruisce su un nucleo di significati personali che è caratteristico per ogni individuo. Esso si articola e si costruisce all’interno delle relazioni sociali significative durante tutto l’arco della vita. Relazioni che sono dapprima rappresentate dal rapporto con i genitori, poi con altri adulti, i coetanei, il partner. Il significato personale è inizialmente finalizzato a mantenere stabile il rapporto di attaccamento con il genitore: il bambino percepirà come meglio appartenenti a sé, quegli atteggiamenti e quei tratti che più di altri gli consentiranno di ottenere la vicinanza e la protettività di quel genitore (se per esempio un bambino ha il senso che la sua figura di attaccamento è più disponibile se lui non fa richieste di accudimento, tenderà a privilegiare atteggiamenti di autonomia affettiva). Solo più tardi con la riorganizzazione adolescenziale tali tratti si struttureranno in una specifica organizzazione di significato personale attraverso la quale selezionare e ordinare le esperienze.

Per Vittorio Guidano,l padre fondatore dell’approccio post razionalista l’uomo è essenzialmente un sistema chiuso che vive all’interno di una realtà del tutto personale di cui una parte importante è costituita dal proprio senso di identità personale cioè le strutture di significato personale sono più orientate a mantenere la propria stabilità interna che a costruire una mappa dettagliata della realtà. Questo lavoro deve risolvere due esigenze: rendere coerenti le rappresentazioni mentali con l’esperienza emotiva (mi considero bravo e mi ci sento) e mantenere il più possibile stabile il proprio senso di identità personale. Quando questo non avviene perché a livello inconsapevole si verificano oscillazioni emotive particolarmente intense da non poter essere integrate sul piano consapevole di sé (mi considero o mi voglio considerare bravo ma mi sento un incapace), può accadere che queste vengano negate e percepite come qualcosa di estraneo per esempio come una malattia, e il vissuto che ne deriva è di sofferenza.

E’ possibile mantenere la coerenza e la continuità del proprio senso di sè attraverso schemi di riferimento classificati da Guidano in quattro principali organizzazioni di significato personale.

Le organizzazioni individuate sono:

Organizzazione di significato personale depressiva: può essere definita come la tendenza di un individuo a rispondere agli eventi di vita generalmente con scetticismo o sfiducia, come conseguenza della costruzione di significato di questi eventi in termini di perdita, di disillusione o d’insuccesso. Il significato personale è qui centrato sul senso di solitudine ed è organizzato con un’oscillazione emotiva prevalente tra la disperazione e la rabbia; con un’immagine negativa di sé e un’attribuzione interna delle cause di questa negatività.

Organizzazione di significato personale fobica: può essere definita come la tendenza di un individuo a rispondere agli eventi di vita generalmente con paura, come conseguenza della costruzione di significato di questi eventi in termini di pericolo. Tutto ciò che è nuovo è visto come pericoloso, e il mondo in generale è percepito come pericoloso e la percezione di sè stesso è quella di una personale fragile e insicura, che non può affrontare il mondo senza una figura protettiva.

Organizzazione personale di significato personale ossessiva: è caratterizzata fondamentalmente dall’elaborazione di un senso di sé ambivalente e dicotomico, nel quale l’esperienza immediata è vissuta in due dimensioni simultanee orientate in senso antitetico, un’immagine positiva di sé e una negativa. Ciò porta l’emergere di pensieri, condotte e immagini intrusive e persistenti vissute come estranee da sé e che sono controllate ricercando la certezza attraverso il dubbio sistematico.

Organizzazione di significato personale tipo disturbi alimentari psicogeni: è caratterizzata da un senso di sé vago oscillante e indefinito, che si definisce soltanto attraverso il giudizio degli altri e quando si ha la sensazione di corrispondere alle aspettative degli altri. Per mantenere stabile il senso di sé devono perciò mantenere stabile il giudizio degli altri da qui la necessità di cogliere e aderire alle aspettative degli altri.

Sottolineo che le organizzazioni di significato hanno questi nomi poiché sono nate all’interno della psicopatologia clinica ma attualmente nell’approccio postrazionalista non stanno ad indicare quadri di disturbi psicopatologici, ma al contrario modalità di processare la conoscenza e il loro nome può indicare i disturbi che si presentano più facilmente in caso di scompenso organizzativo.

Come si pone di fronte alla sofferenza la psicoterapia cognitiva post razionalista?

La psicoterapia cognitiva post-razionalista mira ad aiutare il cliente-paziente a riconoscere, capire e concettualizzare la propria “coerenza di significato personale”, partendo dalla comprensione di come la persona sperimenta il suo modo di essere. Non ha come obiettivo che il paziente raggiunga dei criteri di verità più oggettivi o che modifichi le proprie convinzioni irrazionali (come accade invece nella psicoterapia cognitiva tradizionale di Beck e di Ellis), o che risolva la conflittualità tra le istanze dell’Io, ma ha l’obiettivo di allargare la trama narrativa del paziente, consentendogli di autoriferirsi l’esperienza immediata di cui non è consapevole, riconoscendo e aggiustando delle discrepanze tra l’immagine cosciente di sé (espressa tramite il linguaggio) e l’esperienza immediata (vissuta per mezzo delle emozioni).

L’obiettivo finale dell’intervento terapeutico è quello di arrivare ad un’ articolazione del significato personale.

La crescita della consapevolezza di come ogni individuo costruisce l’autoconoscenza personale: come si presenta, come si riconosce, come si spiega e crea delle attribuzioni porta generalmente alla scomparsa dei sintomi.

Ritorniamo al punto di partenza: la psicoterapia e in particolare la psicoterapia cognitivista post razionalista si muove all’interno di criteri bioetici?

I presupposti teorici ci danno il senso di come si inserisce una psicoterapia post razionalista nella vita di un individuo, rientra proprio negli assunti di base il rispettare l’individualità della persona, la sua specificità.

La psicoterapia post razionalista è una terapia che rispetta i principi bioetici e questo soprattutto per due motivi: in primo luogo rispetta le caratteristiche individuali della persona, in secondo luogo non si adopera per curare la persona nel senso di eliminare i sintomi, ma per dare coerenza alla sua sofferenza e farle riprendere il percorso di vita fermato dalla sofferenza.

In un’ottica post razionalista il sintomo e le forti oscillazioni emotive che lo accompagnano non sono lette semplicemente come una psicopatologia ma come un segnale di cambiamento da cui si può generare sia una psicopatologia, che una maggiore articolazione (intesa in senso di sofisticazione), della propria organizzazione di significato personale. Il che è molto più dignitoso per l’essere umano che soffre.

Che cos’è la psicoterapia?

Che cos’è la psicoterapia?

La psicoterapia è un trattamento terapeutico basato sull’utilizzo di metodi psicologici prevalentemente verbali ( i lcolloquio), ma anche non verbali, per la cura o il miglioramento della sofferenza psichica.

E’ un processo interpersonale in cui si stabilisce un rapporto di confidenza e fiducia tra psicoterapeuta e paziente, condizione principale per il buon esito di una terapia.

Lo scopo della psicoterapia viene concordato all’inizio e può andare dalla risoluzione di un sintomo o il raggiungimento di un obiettivo, ad un cambiamento più profondo nella struttura di personalità.

Può essere individuale, di coppia, familiare o di gruppo.
La maggior parte delle psicoterapie individuali consistono generalmente in un colloquio vis a vis a cadenza settimanale della durata di un’ora circa

Diversi tipi di psicoterapia

Le strategie e le tecniche attraverso le quali si ottengono i miglioramenti o le guarigioni sono diverse a seconda del tipo di orientamento teorico a cui appartiene lo psicoterapeuta scelto.

Esistono psicoterapie a orientamento psicoanalitico, comportamentale, cognitivo, relazionale etc…solo per citare le più conosciute.

La psicoterapia cognitivista post razionalista

E’ una psicoterapia che si sviluppa all’interno delll’indirizzo cognitivista, alla fine degli anni ottanta. Ha come obiettivo quello di aiutare l’individuo a riconoscere, commprendere e concettualizzare il  proprio modo di funzionare, rispettando l’individualità personale, la propria specificità.

E’ una terapia che rispetta i principi bioetici proprio perchè rispetta le caratteristiche individuali della persona, e anche perchè non si adopera per curare la persona nel senso di eliminare i sintomi, ma di dare coerenza alla sua sofferenza e farle riprendere il percorso di vita fermato dalla sofferenza.

Il sintomo (per esempio un attacco di panico), e le forti oscillazioni  emotive che lo accompagnano sono considerati come un segnale di cambiamento da cui si può generare sia una psicopatologia, che una maggiore articolazione (nel senso di una maggiore sofisticazione), del proprio funzionamento personale.

Quando intraprenderla

S i può considerare l’eventualità di una terapia psicoterapica quando:

– si vuole comprendere meglio il proprio modo di funzionare;
– alcune reazioni emotive risultano nspiegabili;
– la sofferenza psichica influisce in negativo sul raggiungimento dei propri obiettivi.

Quanto dura

I tempi di una psicoterapia sono molto soggettivi, legati ai tempi individuali, al tipo di problema affrontato, al tipo di psicoterapia scelta, agli obiettivi che la persona vuole perseguire.

In generale si può considerare che una psicoterapia può durare da qualche mese a qualche anno